JEFFREY MOUSSAIEFF MASSON

ASSALTO ALLA VERITÀ

LA RINUNCIA DI FREUD ALLA TEORIA DELLA SEDUZIONE
MONDADORI, Milano 1984


Insolente e provocatorio come il suo autore uomo dalle sette vite e dai molti interessi Assalto alla verità si colloca nel bel mezzo di un doppio scandalo, da cui trae linfa e alimento. Il primo è lo scandalo che il libro ha provocato fin dal suo primo annuncio, la piccola bomba fatta esplodere nell'ubbidiente e seriosa consorteria internazionale degli psicoanalisti. Specie se si considera che fino al giorno prima l'ardimentoso artificiere era stato il beniamino dei più accreditati maggiorenti (ivi compresa Anna Freud), l'unico ammesso a visitare il sancta sanctorum degli archivi freudiani. Ma ed ecco il secondo scandalo proprio grazie al privilegio di accedere a quelle antiche carte Masson scopre che le origini della psicoanalisi, straordinario capitolo della nostra storia intellettuale, son viziate. E non da un errore, ma da una viltà, da una mancanza di coraggio, da una voluta e consapevole omissione. Nel 1895 Freud aveva elaborato la « teoria della seduzione », secondo la quale la nevrosi nasceva da un terribile trauma poi represso, da una violenza sessuale subita in età infantile. Più tardi la negò, asserendo che i ricordi di seduzione e violenza, soprattutto di pazienti donne, erano costruzioni fantastiche. Ma il passaggio non fu affatto così lineare e progressivo come la storia ufficiale pretende. In realtà, come documenta Masson, Freud rimase sotterraneamente convinto della bontà della sua prima teoria ma non osò proseguire su quella strada, dichiarare la cruda e brutale verità che essa rivelava Con quali conseguenze sull'efficacia e la validità delle terapie psicoanalitiche si lascia al lettore immaginare.

Jeffrey Moussaieff Masson è studioso di sanscrito (disciplina in cui si è addottorato ad Harvard) e psicoanalista membro della International Psychoanalytical Association dopo aver seguito il regolare training formativo presso l'istituto di psicoanalisi di Toronto. Ha curato la nuova e completa edizione del carteggio FreudFliess, di prossima pubblicazione presso Harvard University Press negli Stati Uniti e presso Boringhieri in Italia.


Sommario

3 Ringraziamenti

7 Introduzione

17 I    «L'etiologia dell'isteria»

25 II    Freud alla Morgue di Parigi

59 III    Freud, Fliess ed Emma Eckstein

103 IV    La rinuncia di Freud alla teoria della seduzione

135 V     Lo strano caso dell'ultimo articolo di Ferenczi

172 Conclusione

177 Note

215 Appendice A: Freud ed Emma Eckstein

233 Appendice B: Freud, L'etiologia dell'isteria (1896)

269 Appendice C: Ferenczi, Confusione delle lingue tra
adulti e bambini (1932)

285 Fonti delle illustrazioni

287 Indice analitico


Assalto alla verità


Alla memoria di Elenore Fliess


Ringraziamenti

A causa della natura controversa di questo libro, molti fra coloro che mi hanno aiutato in vari modi desiderano che il loro nome sia taciuto. Da parte mia posso solo precisare che nessuna delle persone citate in queste pagine è minimamen­te responsabile delle mie opinioni, che restano mie e soltanto mie.

Senza la generosità di K.R. Eissler, Anna Freud e Muriel Gardiner, non avrei potuto scrivere questo libro. Grazie a loro ho potuto prendere visione di un'enorme quantità di documenti altrimenti inaccessibili. Ma poiché le conclusioni da me raggiunte sulla base di quei documenti erano tali da non poter essere da loro condivise, la nostra collaborazione disgraziatamente si interruppe. In ogni caso, desidero testimoniare la mia gratitudine per la loro gentilezza.

Molte delle opinioni espresse in questo libro sono il risultato di lunghe conversazioni con la mia ex moglie, Terri Alter. La sua straordinaria capacità di vedere fino in fondo alle cose, unitamente al suo coraggio morale e alla sua vivacità intellettuale, mi sono stati di enorme aiuto.

Marianne Loring collabora ormai da anni alla mia prossima edizione delle lettere di Freud a Fliess; abbiamo letto e tradotto insieme tutti i documenti. La sua passione per la ricerca e la sua amicizia mi hanno molto aiutato nella stesura  di  questo  libro.

Robert Goldman ha letto il manoscritto nelle sue varie stesure mettendo a frutto le sue insolite capacità e l'acutez­za del suo pensiero in numerosi e preziosi suggerimenti. Nel corso della nostra amicizia, che dura ormai da molti anni e ci ha visti insieme a Poona, Toronto e Berkeley, abbiamo avuto utili e lunghe discussioni che hanno arricchito la mia vita     intellettuale.

Sally Sutherland ha letto attentamente l'ultima stesura; apprezzo   la   sua   perspicacia.

Gerhard Fichtner ha provveduto a una trascrizione fedele del testo tedesco delle lettere Freud/Fliess e mi ha consentito di avvalermi della sua grande conoscenza della storia   della   medicina.

Lottie Newman ha avuto la responsabilità della prima stesura della traduzione delle lettere Freud/Fliess e mi ha dato eccellenti consigli per le versioni successive.

Mark Paterson della Sigmund Freud Copyrights mi ha mantenuto   la  sua  amicizia  durante   difficili  momenti.

Nancy Miller, della casa editrice Ferrar, Strauss and Giroux, con grande tatto e comprensione mi ha suggerito innumerevoli miglioramenti, dando prova di un entusiasmo incrollabile. Le sono profondamente grato poiché il libro sarebbe stato diverso senza il suo aiuto.

Edith Schipper, della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, è stata tanto cortese da cercare per mio conto articoli quasi dimenticati. Sono stato assistito con grande gentilezza dal personale della Lane Medicai library della Stanford University, e in particolare dalla signora B. Vadeboncoeur. Il personale della Bibliothèque de la Mor­gue di Parigi mi ha dedicato un intero giorno aiutandomi nelle ricerche. Jill Duncan, della biblioteca del London Institute of PsychoAnalysis, mi è stata di grande aiuto, analogamente al personale della Health Sciences Library della Columbia University, dove è custodita una parte della biblioteca   di   Freud.   Per   molti   anni   ho   avuto   in   prestito numerosi libri appartenuti a Freud, presi dalla sua casa di Maresfield Gardens grazie alla generosità di Anna Freud. Hilde Lorentz è stata una meravigliosa dattilografa, estre­mamente   efficiente.

Per l'ormai prossima edizione delle lettere Freud/Fliess mi sono stati assegnati vari fondi di ricerca. Poiché questo libro è un risultato diretto di tale ricerca, ringrazio per gli aiuti finanziari ricevuti dalla New Land Foundation, dalla National Endowment for the Humanities, dai National Institutes of Health (National Library of Medicine), e dal Fund for Psychoanalytic Research della American Psychoanalytic   Association.

Infine, desidero ringraziare Karima e Denise, e in particolare mia figlia Simone, per la gioia che mi hanno procurato   mentre   scrivevo   questo   libro.

Jeffrey Moussaieff Masson

Berkeley, California 5 maggio 1983


Avvertenza

La versione italiana dell'opera freudiana (Sigmund Freud, Opere, 12 voli., Boringhieri, Torino 19761980) è condotta sul testo tedesco. Nel corso del suo lavoro Masson fa invece riferimento, spesso letterale, alla versione inglese (The Standard Edition of the Complete Psychological Works of Sigmund Freud, 24 voli., Hogarth Press and the Institute of PsycoAnalysis, London 19531974) che presenta scostamenti lievi, ma significativi, dall'originale tedesco e di conseguenza dalla traduzione italiana. Si è quindi preferito riportare una versione italiana molto aderente all'inglese utilizzato da Masson. Nel testo e nelle note il lettore troverà il rimando, per volume e pagina, alle Opere di Sigmund Freud.


Introduzione

Nel 1970 iniziai a interessarmi alle origini della psicoanalisi e al rapporto di Freud con Wilhelm Fliess, l'otorinolarigoiatra che fu il suo più intimo amico negli anni in cui Freud formulava le sue nuove teorie.

Per un certo tempo fui in corrispondenza con Anna Freud circa la possibilità di preparare un'edizione completa delle lettere di Freud a Fliess, di cui era già stata pubblicata una versione ridotta in tedesco, nel 1950, e in inglese, nel 1954 (The Origins of Psychoanalysis, Basic Books, New York). Quest'ultima edizione era stata curata da Anna Freud, Ernst Kris e Maria Bonaparte. Nel 1980 ebbi un incontro a Londra con Anna Freud e con il dottor K.R. Eissler, suo amico e consigliere fidato oltre che direttore dei Freud Archives. Anna Freud si dichiarò d'accordo per una nuova edizione delle lettere Freud/Fliess. Di conseguenza ebbi accesso alla corrispondenza sigillata (gli originali sono custoditi presso la Library of Congress), che rappresenta la più importante fonte di informazione circa le origini della psicoanalisi.

Oltre a includere tutte le lettere e i passaggi precedente­mente omessi (che costituivano più della metà dei testo) mi sembrava indispensabile che il libro fosse corredato da annotazioni. Era quindi necessario che potessi accedere al materiale   attinente.   Anna   Freud   mi   offrì   una   completa collaborazione ed ebbi libero accesso a Maresfield Gardens, la casa in cui Freud aveva trascorso l'ultimo anno della sua vita. Là si trovava la magnifica biblioteca perso­nale di Freud e molti volumi, in particolare quelli dei primi anni, recavano le sue annotazioni. Nella scrivania di Freud scoprii un taccuino, in cui Maria Bonaparte, dopo aver acquistato nel 1936 le lettere di Freud a Fliess, aveva commentato le reazioni di Freud a queste lettere scritte anni prima. Trovai anche una serie di lettere riguardanti Sàndor Ferenczi, il collega e l'amico analitico più vicino a Freud in un'epoca più tarda, e la relazione presentata da Ferenczi al 12° Congresso psicoanalitico internazionale di Wiesbaden. Tale relazione parlava della seduzione sessuale dei bambini, un argomento che aveva interessato Freud durante gli anni della sua amicizia con Fliess.

In un grande armadio nero, vicino alla camera di Anna Freud, scoprii molte lettere originali scritte e ricevute da Freud in quello stesso periodo, lettere fino ad allora ignorate: una lettera di Fliess a Freud, lettere di Charcot a Freud, di Freud a Josef Breuer, alla cognata Minna Bernays, alla moglie Martha e a vecchi pazienti.

Poco tempo dopo, il dottor Eissler mi chiese se ero disposto a succedergli come direttore dei Freud Archives. Mi dichiarai d'accordo e ricevetti l'incarico temporaneo di Projects Director. Gli Archives avevano acquistato la casa di Freud a Maresfield Gardens, e sarebbe stato mio compito trasformare la casa in un museo e centro di ricerca. Anna Freud mi consentì di accedere al materiale riservato che aveva già donato alla library of Congress, affinché potessi compilare un catalogo di tutto il materiale di Freud conservato alla Library of Congress (proveniente per lo più dagli Archives) che ammontava a circa 75.000 documenti. La Library of Congress acconsentì a fornire copie di tali documenti al futuro museo. Divenni anche uno dei quattro amministratori della Sigmund Freud Copyrights e ciò mi permise di trattare con la Harvard University Press per la pubblicazione delle lettere di Freud in edizioni complete, erudite  e  commentate.

Mentre esaminavo la corrispondenza per preparare le annotazioni al primo volume della serie, cioè le lettere Freud/Fliess, cominciai a scorgere un disegno nelle omissio­ni fatte da Anna Freud nella versione originale, ridotta. Dalle lettere scritte dopo il settembre 1897 (anno in cui Freud presumibilmente abbandonò la «teoria della seduzio­ne») erano stati eliminati tutti i casi riguardanti la seduzione sessuale di bambini. Inoltre era stato cancellato qualsiasi accenno a Emma Eckstein, una paziente di Freud e Fliess che sembrava legata in qualche modo alla teoria della seduzione. Fui particolarmente colpito da una parte di una lettera, scritta nel dicembre 1897, che rivelava due fatti fino allora ignorati: Emma Eckstein stessa riceveva dei pazienti in analisi (probabilmente con la supervisione di Freud); e Freud era nuovamente propenso a dare credito alla teoria della seduzione.

Chiesi ad Anna Freud perché avesse cancellato questa parte della lettera del dicembre 1897. Rispose che non ne ricordava la ragione. Quando le mostrai una lettera inedita di Freud ad Emma Eckstein, mi disse che poteva ben capire il mio interesse per tale argomento, poiché Emma Eckstein aveva realmente avuto un ruolo importante nella storia iniziale della psicoanalisi, ma che tale lettera, tuttavia, non doveva essere pubblicata. In conversazioni successive pre­cisò che poiché suo padre alla fine aveva abbandonato la teoria della seduzione, le sembrava che per i lettori sarebbe stato solo motivo di confusione venire a conoscenza delle sue esitazioni e dei suoi dubbi. Da parte mia, invece, ritenevo che tali passaggi non solo avessero una grande importanza storica, ma potessero persino rappresentare la verità. Mi sembrava che nessuno potesse avere il diritto di decidere per gli altri, alterando i documenti, quale fosse la verità e quale l'errore. Inoltre, indipendentemente dalla sua decisione finale, era evidente che Freud era stato ossessionato da questa teoria per tutta la vita.

Mostrai ad Anna Freud la corrispondenza del 1932, da me trovata nella scrivania del padre, riguardante l'ultimo articolo di Sàndor Ferenczi, suo intimo amico, in cui veniva trattato proprio tale argomento. Chiaramente, pensai, solo la continua preoccupazione di Freud per la teoria della seduzione poteva spiegare il suo allontanamento altrimenti misterioso da Ferenczi. Anna Freud, che voleva molto bene a Ferenczi, trovava dolorosa la lettura di queste lettere e mi chiese di non pubblicarle. Ma diversamente da quanto ci avevano indotto a credere, tale teoria, insistevo, non era stata abbandonata da Freud a cuor leggero, come un insignificante errore di gioventù.

Anna Freud mi consigliò di indirizzare altrove il mio interesse. In conversazioni con altri analisti vicini alla famiglia Freud, mi si fece capire che ero inciampato in qualcosa che era meglio lasciare stare. Forse, se la teoria della seduzione fosse stata veramente solo una digressione dalla via verso la verità, come credevano molti analisti, mi sarebbe stato possibile rivolgere altrove la mia attenzione. Ma, secondo me, l'ipotesi della seduzione era proprio la pietra angolare della psicoanalisi. Negli anni 1895 e 1896 Freud, ascoltando le sue pazienti, aveva appreso che nel loro passato c'era qualcosa di spaventoso e violento. Gli psichiatri che avevano ascoltato questi racconti prima di lui avevano accusato le loro pazienti di essere delle isteriche bugiarde e avevano liquidato i loro ricordi come fantasie. Freud fu il primo psichiatra a credere che le pazienti dicessero la verità. Queste donne erano malate non perché venivano da famiglie «tarate», ma perché era stato fatto loro qualcosa di terribile e segreto quando erano bambine.

Freud annunciò la sua scoperta in una relazione presen­tata nell'aprile 1896 alla Società di psichiatria e neurologia di Vienna; fu il suo primo importante discorso pubblico davanti ai suoi pari. La relazione — che ritengo la più brillante di tutte quelle di Freud — fu accolta da un silenzio assoluto. In seguito, venne invitato a non pubblicarla, per non danneggiare irrimediabilmente la sua reputazione. Il silenzio che lo circondava si fece più profondo, come il suo isolamento. Ma sfidò i suoi colleghi e con un atto di grande coraggio pubblicò L'etiologia dell'isteria. Successivamente, tuttavia, per ragioni che cercherò di spiegare in questo libro, Freud decise che aveva commesso un errore nel credere alle pazienti. Il riconoscere tale errore, sostenne in seguito Freud, segnò l'inizio della psicoanalisi, come scien­za, terapia e professione.

Non mi era mai sembrato giusto, anche quando ero studente, che Freud non credesse ai suoi pazienti. Non convenivo sul fatto che le scene di seduzione configurate come ricordi fossero solo fantasie, o ricordi di fantasie. Ma non avevo mai messo in dubbio il racconto di Freud (ripetuto più volte nei suoi scritti) circa i motivi del suo cambiamento. Tuttavia, leggendo le lettere a Fliess senza le omissioni (che Freud, per inciso, avrebbe indubbiamente approvato), mi resi conto che queste raccontavano una storia molto diversa, angosciante. Inoltre, ovunque mi volgessi, persino nelle opere successive di Freud, incontra­vo casi implicanti l'abuso o la seduzione di bambini.

Muriel Gardiner, una psicoanalista amica sia di Anna Freud che di Kurt Eissler, sostenne il mio lavoro sia finanziariamente che con ogni incoraggiamento possibile. Mi chiese di esaminare il materiale inedito che aveva in casa riguardante l'Uomo dei lupi, uno dei pazienti più famosi di Freud, il quale aveva ricevuto aiuti economici dalla dotto­ressa Gardiner e dal dottor Eissler. Là trovai anche delle note di Ruth Mack Brunswick per una relazione mai pubblicata. Su richiesta di Freud, quest'ultima aveva riana­lizzato l'Uomo dei lupi e aveva appreso con stupore che da bambino era stato sodomizzato da un membro della sua famiglia e che Freud non lo sapeva. Lei non glielo disse mai. Perché? Freud non sapeva perché non voleva sapere? E Ruth Mack Brunswick non glielo disse perché aveva questa impressione?

Nella mia ricerca di ulteriori informazioni, cercai di apprendere qualcosa di più circa il viaggio di Freud a Parigi nel 18851886. Visitai la biblioteca del suo maestro, Charcot, alla Salpetrière e ciò mi condusse alla Morgue di Parigi, poiché sapevo che Freud aveva assistito alle autopsie eseguite da Paul Brouardel, un amico e collaboratore di Charcot. Alcune allusioni di Freud rivelano che alla Mor­gue aveva visto qualcosa «di cui la scienza medica preferiva non prendere nota». Alla Morgue appresi che esisteva una letteratura completa di medicina legale, in francese, dedi­cata agli abusi all'infanzia (soprattutto allo stupro) e che Freud aveva tale materiale nella sua biblioteca personale, sebbene non vi facesse riferimento nei suoi scritti. Scoprii inoltre che alcune delle autopsie a cui aveva assistito Freud riguardavano bambini che erano stati stuprati e uccisi.

Mi ritrovai in una strana posizione. Diventato psicoana­lista aveva creduto che Freud avesse perseguito senza timore la verità, che avesse voluto aiutare i suoi pazienti ad affrontare le loro storie personali e le ingiustizie che erano state inflitte loro, senza tener conto della loro sgradevolez­za. Durante il training analitico avevo scoperto ben presto che questi ideali non erano condivisi nella professione in generale. Ma non pensavo che fossero completamente scomparsi da questa scienza; sicuramente vi erano ancora persone che cercavano la verità senza scendere a compro­messi. Questa, mi dicevo, era la ragione per cui ero stato incoraggiato nella mia ricerca, alla quale non era stato posto alcun limite.

Mi sembrava che le informazioni che stavo scoprendo fossero essenziali per comprendere l'evoluzione della psicoanalisi e riferii i risultati della mia ricerca a coloro che ne erano principalmente responsabili, Anna Freud, il dottor Eissler e la dottoressa Gardiner. Pensavo che, anche qualora non fossero d'accordo con le mie interpretazioni, non avrebbero trascurato il significato delle mie scoperte.

La mia delusione al riguardo della psicoanalisi, così come la conoscevo, era ben nota e, di fatto, era condivisa da molti miei colleghi. A tale proposito mi sembra valga la pena di raccontare un incontro con Anna Freud. Generalmente i miei rapporti con lei erano formali, si limitavano a discus­sioni di argomenti di ricerca. Un pomeriggio, tuttavia, cominciammo entrambi a parlare a un livello più personale. Le dissi quanto fossi disilluso dal mio training a Toronto, e che anche a San Francisco non avevo riscontrato un gran miglioramento, per cui dubitavo che sarebbe stato diverso altrove. Le chiesi cosa avrebbe fatto suo padre se fosse stato vivo oggi, se avrebbe voluto far parte del movimento psicoanalitico e anche se avrebbe voluto essere psicoanalista. «No,» rispose, «non avrebbe voluto.» Anna Freud, quindi, capiva la mia critica della psicoanalisi così come viene praticata oggi e sembrava appoggiarmi in tale critica. Tuttavia smise di sostenermi quando la mia ricerca si spinse più indietro, fino allo stesso Freud.

In effetti, ciò che stavo scoprendo mi riportava al primo periodo di Freud, dal 1897 al 1903, l'epoca in cui avvennero quei cambiamenti fondamentali che, secondo me, avrebbero minato la psicoanalisi. Con la massima riluttanza, giunsi gradualmente a considerare l'abbandono dell'ipotesi della seduzione come una mancanza di coraggio. Se la mia ipotesi era errata, allora la mia interpretazione dei documenti avrebbe sicuramente ricevuto una confutazione intelligente e critiche serie. Era necessario affrontare la verità, qualunque fosse, e rivelare i documenti che avevo trovato.

Su invito di Anna Freud, presentai una nota preliminare sulle mie ricerche a una riunione di psicoanalisti, presso la Hampstead Clinic di Londra, nel 1981. I partecipanti erano stati invitati da Anna Freud a una conferenza su «L'insight nella psicoanalisi», ed erano convenuti molti dei principali analisti di tutto il mondo. La reazione negativa alla mia relazione mi fece intravedere i risvolti politici della mia ricerca e la possibilità che essa avrebbe potuto avere un effetto negativo per la professione analitica. Ma accantonai tali considerazioni considerandole indegne di attenzione da parte di un ricercatore serio.

Nel giugno 1951 mi venne chiesto di presentare un rapporto più dettagliato sui documenti e sulle loro implica­zioni a una riunione ristretta della Western New England Psychoanalytic Society a New Haven. Il titolo della mia relazione era The Seduction Hypothesis in the Light of New Documents (L'ipotesi della seduzione alla luce di nuovi documenti). L'animosità che fece seguito a tale relazione e che, invece di concentrarsi sui documenti rivelati, era per lo più diretta contro di me mi fece capire che le mie opinioni non sarebbero state considerate semplicemente come il tentativo di avvicinarsi maggiormente alla verità storica sottostante all'abbandono della teoria della seduzione da parte di Freud. Ciò che veniva messo in discussione non era la verità o falsità della mia indagine, ma solo l'opportunità di far conoscere tale materiale al pubblico. Le mie interpre­tazioni, sembravano pensare i critici, mettevano a repenta­glio l'essenza stessa della psicoanalisi.

Ero convinto che quanto Freud aveva scoperto nel 1896 — cioè che in molti casi i bambini sono vittime di violenze e abusi sessuali in seno alle proprie famiglie — fosse diventato per lui un tale onere che dovette letteralmente bandirlo dalla propria coscienza. Il movimento psicoanalitico, svi­luppatosi dopo che Freud era venuto a compromesso con le convinzioni dei suoi pari, sostiene ancora oggi che la posizione originaria di Freud era semplicemente un'aberra­zione. Freud, secondo l'opinione corrente, dovette abbandonare le proprie convinzioni erronee sulla seduzione prima di poter scoprire la verità più fondamentale del potere della fantasia interiore e della sessualità spontanea infantile. Qualsiasi studente in psichiatria è a conoscenza di questo semplice fatto, mentre io sembravo incapace di capirlo. E ora pretendevo che tale opinione comunemente accettata fosse una mistificazione della verità. In psicotera­pia l'opinione prevalente era che la vittima foggiasse il proprio tormento. In particolare, i crimini di violenza sessuale potevano essere attribuiti all'immaginazione della vittima, un punto di vista sostenuto da un allievo di Freud, Karl Abraham, e accettato entusiasticamente da Freud stesso. Per la società questa era un'idea confortante, in quanto l'interpretazione di Freud, secondo cui la violenza sessuale che aveva tanto influenzato la vita delle pazienti non era altro che fantasia, non rappresentava alcuna minaccia per l'ordine sociale esistente. Così i terapeuti sarebbero rimasti dalla parte dei fortunati e dei potenti e non da quella delle infelici vittime della violenza familiare. Mettere in dubbio le basi di tale ordine di cose sembrava qualcosa di più che una semplice indagine storica; minac­ciava di porre in discussione la struttura stessa della psicoterapia.

Quando nell'agosto 1981 il «New York Times» pubbli­cò una serie di articoli in cui venivano riferite le mie scoperte, vi fu un'ondata di protesta che culminò nella richiesta del mio allontanamento dagli Archives. Venni licenziato, con evidente sollievo della comunità analitica; la ragione addotta era che avevo dimostrato «scarso giu­dizio» nell'esprimere le mie opinioni a un pubblico non professionista.

Ecco quindi la storia della rinuncia di Freud alla teoria della seduzione, con i relativi documenti e le mie interpre­tazioni. Le mie conclusioni pessimistiche potrebbero anche essere sbagliate. I documenti in realtà si prestano a letture molto diverse. Qualunque sia il giudizio che se ne voglia dare, credo che chiunque li leggerà si ritroverà con una nuova comprensione della psicoanalisi.

Prima di proseguire nella lettura, potrebbe essere opportuno prendere visione del saggio di Freud del 1896, L'etiologia dell'isteria, che viene discusso nelle pagine che seguono. Tale saggio è riportato nell'Appendice B.


I

«L'etiologia dell'isteria»

Avevo indicato loro la soluzione a un problema vecchio più di mille anni un caput Nili.

SIGMUND FREUD

La sera del 21 aprile 1896, davanti ai suoi colleghi della Società di psichiatria e neurologia di Vienna, Freud presen­tò una relazione intitolata L'etiologia dell'isteria.1 (Tale lavoro è stato incluso qui appresso come Appendice B.) La relazione conteneva una teoria rivoluzionaria della malattia mentale. Freud si rendeva conto che con questo lavoro sarebbe diventato «uno di coloro che avevano disturbato il sonno del mondo».2 Il titolo della relazione fa riferimento alla nuova teoria di Freud secondo cui l'origine della nevrosi risiede in traumi sessuali precoci, che Freud chiama «scene sessuali infantili» o «rapporti sessuali nell'infanzia». Ciò verrà successivamente chiamato «teoria della seduzio­ne» — vale a dire la convinzione che tali esperienze precoci fossero reali, non fantasie, e avessero un effetto dannoso e durevole sulla vita successiva dei bambini che le avevano subite.

Freud usa varie parole per descrivere queste «scene sessuali infantili»: Vergewaltigung (stupro), Missbrauch (abuso), Verfiihrung (seduzione), Angriff (attacco), Attentat (il termine francese per oltraggio), Agression (aggressio­ne) e Traumen (traumi). Tutte queste parole indicano esplicitamente qualcosa circa il tipo di violenza, diretto contro il bambino, espresso nella sessualità dell'adulto, a eccezione  del  termine   «seduzione»,   che  fu  una  scelta sfortunata in quanto implica una forma di partecipazione da parte del bambino Tali termini, usati da Freud nei suoi primi lavori, vengono successivamente sostituiti nella stra­grande maggioranza dei casi dalla parola «seduzione». Nelle successive teorie di Freud e nella teoria psicoanalitica dopo Freud, viene sfruttata l'ambiguità intrinseca di tale parola. L'implicazione è che il bambino «sedotto» sia anche il seduttore e abbia causato l'atto sessuale con il proprio comportamento. Tuttavia, non vi è alcun dubbio su ciò che intendesse Freud, in questo suo primo lavoro, per seduzio­ne sessuale: un atto sessuale reale imposto a un bambino, che in nessun modo lo desidera né lo incoraggia. Una seduzione, in tale contesto, è un atto di crudeltà e violenza che ferisce la bambina o il bambino (sebbene Freud precisi che normalmente è una bambina a essere la vittima) in ogni aspetto del suo essere. Il suo corpo (della bambina) non è pronto per l'atto sessuale perpetrato da un adulto (spesso uno stupro effettivo con conseguenze che possono essere mortali), così come le sue emozioni non sono preparate né all'impatto immediato della passione sessuale dell'adulto, né ai successivi e inevitabili sentimenti di colpa, ansia e paura. L'adulto scarica la propria infelicità sessuale su una bambina troppo spaventata per protestare, troppo debole per difendersi e così dipendente dalle cure continuative dell'adulto per la propria sopravvivenza da non poter cercare una forma qualsiasi di riparazione. Lo squilibrio di questo rapporto e la volontà sadica dell'adulto di esercitare il proprio potere sul bambino vengono esplicitati da Freud con parole di fuoco, vere oggi come allora:

Tutte le strane condizioni in cui la coppia incongrua continua le sue relazioni amorose — da una parte l'adulto, che non può sfuggire alla sua parte di dipendenza reciproca necessariamente implicita in un rapporto sessuale e che, allo stesso tempo, è armato dall'autorità assoluta e del diritto di punire, e può cambiare un ruolo con l'altro per soddisfare i suoi capricci, e dall'altra parte il bambino che, inerme, è alla mercé di questo uso arbitrario del potere, che viene prematuramente risvegliato a ogni tipo di sensibilità ed esposto a ogni sorta di delusione, e il cui esercizio delle prestazioni sessuali assegnategli è spesso interrotto dal suo control­lo imperfetto dei suoi bisogni naturali — tutte queste disparità grottesche e purtuttavia tragiche segnano distintamente lo sviluppo successivo dell'individuo e della sua nevrosi, con innumerevoli effetti permanenti che meritano di essere descritti con la massima precisione.3

C'è da chiedersi in che modo i giornali medici avessero riportato la relazione di Freud, e se fossero in qualche modo consapevoli dell'impatto teorico della sua comunica­zione. Non trovando alcun riferimento a citazioni di tale lavoro da parte della comunità medica, mentre ero a Vienna passai in rassegna le riviste mediche nel tentativo di scoprire quale fosse stata la reazione. Fui sorpreso di scoprire qualcosa che era passato inosservato: nella «Wie­ner klinische Wochenschrift», pubblicata settimanalmente a Vienna, il 14 maggio 1896 venivano riportate tre relazioni della riunione del 21 aprile (p. 420). Due di queste venivano riferite nel modo consueto. (Generalmente — in realtà, invariabilmente — la consuetudine prevedeva il titolo della relazione, un breve sommario dei suo contenuto e un resoconto della discussione relativa.) Ma nella citazione dell'ultima, vi era una rottura con la tradizione. Ecco cosa veniva riferito:

Docent Sigm. Freud: Uber die Aetiologie der Hysterie. (Relatore, Sigmund Freud: Sull'etiologia dell'isteria.)

Scoprii che non vi era né sommario, né discussione.

D'altro canto nessun membro del pubblico lasciò ai posteri un resoconto di quanto aveva ascoltato quella sera. Ma cinque giorni dopo, il 26 aprile, Freud scrisse al suo più intimo amico una lettera in cui si parla degli avvenimenti di quella sera. Tale lettera, indirizzata allo specialista in otorinolaringoiatria Wilhelm Fliess (1858-1928), venne omessa nell'edizione pubblicata delle lettere di Freud a Fliess. Max Schur, tuttavia, la incluse nel suo libro Freud: Living and Dying. Da questa lettera apprendiamo che il conte Richard von KrafftEbing (1840-1902), l'eminente professore e direttore del Dipartimento di psichiatria del­l'Università di Vienna, presiedeva la seduta quella sera. Freud riferisce:

Una relazione sull'etiologia dell'isteria tenuta alla Società psichiatrica ha ricevuto un'accoglienza glaciale dai somari, e da KrafftEbing lo strano commento: Suona come una favola scientifica. (Es kling wie ein wissenschaftliches Marchen.) E questo dopo che avevo indicato loro una soluzione a un problema vecchio più di mille anni, una «sorgente del Nilo»!4

Ma Schur non incluse l'ultima frase di Freud, in cui egli manifesta un evidente disprezzo per i suoi colleghi: «Posso­no andare tutti al diavolo». (Sie kònnen mich alle gern haben.) Freud evidentemente sentiva che le sue scoperte erano tanto importanti da poter rischiare la disapprovazio­ne dei suoi colleghi. La prospettiva di essere messo al bando dalla società medica era trascurabile sapendo di avere scoperto una verità importante.

Le pazienti di Freud avevano il coraggio di affrontare quanto era loro accaduto nell'infanzia — e spesso ciò includeva scene violente di stupro da parte del padre — e di comunicare i loro traumi a Freud, senza dubbio esitando a credere nei propri ricordi e rammentando con riluttanza la vergogna profonda e il dolore che avevano provato. Freud ascoltava, comprendeva e permetteva loro di ricordare e parlare di quegli eventi terribili. Non pensava che fossero fantasie:

I dubbi circa l'autenticità delle scene sessuali infantili possono essere subito svigoriti da più di un argomento. In primo luogo, il comportamen­to delle pazienti mentre riproducono queste esperienze infantili è sotto ogni aspetto incompatibile con l'assunto che le scene possano essere qualcos'altro che una realtà che viene sentita con pena e riprodotta [letteralmente: ricordata] con la massima riluttanza.5

Né questi ricordi sono pure introspezioni intellettuali, il risultato di una tranquilla riflessione. Le pazienti di Freud ricordavano i loro traumi «con tutti i sentimenti che appartenevano alle esperienze originali», e cioè, il permes­so di ricordare sembrava anche un permesso di sentire, e i sentimenti apparentemente assenti dalla violenza originale venivano esperiti allora; la rabbia, il disgusto, la sensazione di impotenza e il tradimento, tutte queste potenti emozioni venivano alla superficie. Freud si sentiva come un esplora­tore che ha scoperto per caso un mondo sommerso da tempo.

Freud sapeva quanto fossero riluttanti i suoi colleghi a chinarsi su verità di questo tipo, poiché aveva incontrato un'analoga riluttanza in se stesso e nei propri maestri:

... l'indicazione del fattore sessuale nell'etiologia dell'isteria per lo meno non deriva da alcuna opinione preconcetta da parte mia. I due ricercatori, come cui allievo ho iniziato i miei studi sull'isteria, Charcot e Breuer, erano ben lungi dall'avere un simile presupposto; in realtà avevano per esso un'avversione personale...6

Freud qui ammette di aver dovuto superare anche le proprie resistenze prima di accettare la sgradevole verità. Quindi non era impreparato alla reazione dei suoi colleghi. Tuttavia noi non conoscevamo l'intera portata dell'isola­mento di Freud, in quanto le parole di Freud a Fliess in data 4 maggio, meno di due settimane dopo la presentazione della sua relazione, vennero omesse dall'edizione pubblica­ta delle lettere Freud/Fliess:

Sono isolato come potevi desiderare che fossi; è stata passata parola di abbandonarmi e intorno a me si sta formando il vuoto.

Quindi non deve essere stata una grande sorpresa per Freud quando, dieci giorni dopo, aprendo la «Wiener klinische Wochenschrift» — una rivista che egli sospettava di tendenze antisemitiche7 — scoprì che la sua relazione veniva citata con il solo titolo, senza sommario e discussione, e senza neppure la menzione che sarebbe stata pubblicata. Il 30 maggio, Freud scrisse a Fliess: «A dispetto dei miei colleghi ho trascritto interamente la mia conferenza sull'etiologia dell'isteria».

La pubblicò poche settimane dopo.8 Fortunatamente per noi, perché nel giro di pochi anni Freud avrebbe desiderato di non essere stato così frettoloso. I traumi precoci che le sue pazienti avevano avuto il coraggio di affrontare e di raccontargli sarebbero stati da lui liquidati successivamente come le fantasie di donne isteriche che inventavano storie e raccontavano bugie. Egli avrebbe considerato il suo stesso coraggio nel riferire tali scoperte come avventato:

Credetti in queste storie e di conseguenza supposi di aver scoperto le radici delle successive nevrosi in queste esperienze di seduzione sessuale nell'infanzia... se questa mia credulità fa scuotere la testa al lettore, non posso biasimarlo del tutto.9

Freud avrebbe ritrattato le sue opinioni sull'etiologia dell'isteria, la convinzione che traumi sessuali reali, esterni, stessero al centro della nevrosi. I suoi pazienti, ora egli pensava, avevano mentito a se stessi e a lui:

... Alla fine dovetti riconoscere che queste scene di seduzione non erano mai avvenute, e che erano solo fantasie costruite dai miei pazienti.10

Questi pazienti, essenzialmente donne, soffrivano di una fantasia comune, che, per di più, dominava interamente la loro vita:

Poiché l'onanismo infantile è una manifestazione così generale e allo stesso tempo così poco ricordata, esso deve avere un equivalente nella vita psichica. E, in realtà, lo si trova nella fantasia riscontrata nella maggior parte delle pazienti, cioè quella che il padre le abbia sedotte nell'infanzia. Questa è la successiva rielaborazione, destinata a coprire il ricordo dell'attività sessuale infantile, e rappresenta una scusa e un'atte­nuante di ciò. Il grano di verità contenuto in tale fantasia sta nel fatto che il padre, per mezzo delle sue innocenti carezze durante la prima infanzia, ha realmente risvegliato la sessualità della bambina (lo stesso vale per il bambino e sua madre). Sono poi questi stessi padri affettuosi a cercare di interrompere nel bambino l'abitudine della masturbazione, di cui loro stessi sono ormai diventati la causa involontaria. E così i motivi si confondono nel modo più efficace per formare tale fantasia, che spesso domina l'intera vita di una donna (fantasia di seduzione): una parte di verità, una parte di gratificazione amorosa, e una parte di vendetta.11

La rinuncia alla sua convinzione «erronea» permise a Freud di fare nuovamente parte di una società medica che lo aveva prima messo al bando. Nel 1905 Freud ritrattò pubblicamente la teoria della seduzione. Nel 1908, medici rispettati si erano già uniti a Freud: Paul Federn, Isidor Sadger, Sàndor Ferenczi, Max Eitingon, Karl Jung, Ludwig Binswanger, Karl Abraham, Abraham Brill, ed Ernest Jones. Il movimento psicoanalitico era nato, ma un'impor­tante verità era stata abbandonata.

Cosa era accaduto? Perché Freud aveva abbandonato la «teoria della seduzione»? Cosa aveva causato questo grave voltafaccia che avrebbe influenzato la vita di innumerevoli pazienti in psicoterapia dal 1900 a oggi? Gli psicoanalisti non si sono mostrati eccessivamente curiosi circa le ragioni del mutamento di Freud, sebbene, come lui stesso, ricono­scano che esso preparava la nascita della psicoanalisi. La spiegazione corrente, secondo cui l'esperienza clinica avrebbe mostrato a Freud che si era sbagliato, non è molto soddisfacente. Questo libro si propone di rendere pubbli­che evidenze finora sconosciute, ignorate o sottovalutate, che suggeriscono una spiegazione illuminante del singolo passo più importante compiuto da Freud, quello che ha contribuito a foggiare il mondo in cui viviamo.

Mi sembrava che una delle ragioni per cui non potevamo spiegare in modo soddisfacente l'abbandono della teoria della seduzione fosse il fatto di non disporre di alcuna spiegazione, né da parte di Freud, né da parte degli storici, sul modo in cui Freud era giunto a sviluppare tale teoria in un primo tempo. Non sapevamo quali esperienze avessero avuto il ruolo chiave. Finché non si fossero comprese tali questioni, ciò che si sapeva sulle origini della psicoanalisi poteva essere considerato un resoconto, non storia vera.

Per scoprire la vera storia mi parve necessario riesaminare in primo luogo il soggiorno di Freud a Parigi, in quanto egli accennò spesso, negli anni successivi, che il periodo trascor­so a Parigi era stato essenziale per lo sviluppo della psicoanalisi.


II

Freud alla Morgue di Parigi

Ambroise Tardieu e la letteratura sullo stupro e altri atti violenti contro i bambini

Nel 1885, quando Freud aveva ventinove anni e aveva appena terminato i suoi studi in medicina, fece un viaggio di studio a Parigi, per lavorare sotto la guida del grande Jean Martin Charcot (1825-1893), il più illustre neurologo di Francia, sostenitore dell'ipnosi e specialista per l'isteria presso il famoso ospedale La Salpetrière. Ernest Jones, nella sua autorevole biografia in tre volumi su Freud (I, p. 258), scrive di questo periodo:

A quell'epoca Charcot era all'apice della sua fama. Nessun altro, né prima né dopo, ha dominato come lui il mondo della neurologia, e l'essere stato suo allievo costituiva una distinzione permanente.

L'ammirazione di Freud per Charcot è ben nota; il necrologio di Freud in occasione della sua morte parla della magia che sembrava irradiarsi dalla sua persona.1

Non è sorprendente, quindi, che numerosi studi siano stati dedicati al rapporto di Freud con Charcot, e all'in­fluenza che quest'ultimo può avere esercitato sul pensiero successivo di Freud. In questi studi c'è ben poco di nuovo e negli scritti di Charcot non vi è molto che serva a fare luce sulle origini della psicoanalisi. Freud, tuttavia, lascia inten­dere che i semi della sua nuova scienza siano stati gettati a Parigi, anche se finora le prove di ciò sono rimaste vaghe.

Credo di essere riuscito a colmare le lacune di questi anni con due sorprendenti scoperte: Freud venne in contatto con una letteratura che attestava la realtà e anche la frequenza degli abusi sessuali nella prima infanzia (spesso all'interno della famiglia); inoltre, con tutta probabilità, assistè ad autopsie eseguite alla Morgue di Parigi sulle giovani vittime di tali abusi. Ciò non era noto agli storici della psicoanalisi e di conseguenza qualsiasi nuova valutazione del soggiorno di Freud a Parigi deve tenere conto di un corpo letterario interamente nuovo, la cui importanza finora non era stata riconosciuta.

Tale letteratura si occupa degli abusi sia fisici che sessuali sui bambini. Gli autori francesi furono i primi a occuparsi di tali argomenti, e sebbene fossero incapaci di trarre delle conclusioni psicologiche dal materiale a loro disposizione, non esitavano a riconoscere la loro realtà.

Nel 1860, venne pubblicato un articolo sui famosi Annales d'hygiène publique et de médecine legale, in cui per la prima volta venivano elencati con sconvolgente precisione gli abusi brutali patiti da bambini per mano dei loro custodi, spesso i genitori stessi. Il titolo dell'articolo era Etude médicolégale sur les sévices et mauvais traitements exercés sur des enfants (Studio medicolegale sulle sevizie e maltrat­tamenti esercitati sui bambini).2 L'autore, Ambroise Augu­ste Tardieu (1818-1879), era professore di medicina legale all'Università di Parigi, decano della Facoltà di medicina, e presidente dell'Accademia di medicina a Parigi, «il più eminente rappresentante della medicina legale francese».3 Ciò che Tardieu aveva scoperto, e aveva avuto il coraggio di descrivere per primo, usando i termini precisi del medico legale che lavora seguendo le direttive di un tribunale, era l'intera gamma degli abusi che gli adulti, nella maggior parte dei casi i genitori, infliggono a bambini inermi e in tenera età. L'articolo si occupa di trentadue casi, affidati a Tardieu dal tribunale per una perizia medicolegale.

I casi rivelano alcuni importanti fatti che non erano stati precedentemente riconosciuti:4 gli esecutori di tali crimini sono, più spesso che non (in ventuno casi), i genitori del bambino; i bambini sono spesso molto piccoli; le crudeltà loro inflitte possono portare alla morte. Ciò che Tardieu non ci dice, ma che possiamo dedurre da un'attenta lettura del suo articolo, è che egli veniva spesso incaricato di eseguire delle autopsie alla Morgue di Parigi su bambini che erano morti in seguito a «incidenti», e che solo le sue osservazioni sagaci permettevano una diagnosi corretta della vera causa di morte. Tardieu inizia il suo articolo pienamente consapevole dell'importanza di ciò che sta per rivelare:

Fra i fatti così numerosi e di natura tanto diversa di cui si compone la storia medicolegale dei colpi e delle ferite, ve ne sono alcuni che formano un gruppo completamente separato e che, lasciati finora nell'ombra più totale, meritano di essere messi in luce per più di una ragione. Intendo parlare di quei fatti identificati come sevizie e maltrat­tamenti, di cui i bambini sono più particolarmente vittime da parte dei loro genitori, dei loro maestri, di chi, in breve, esercita su di loro un'autorità più o meno diretta.

Tardieu dice di poter comprendere l'inflessibilità di un maestro, o la durezza di un padrone avido, o anche l'avversione di una crudele matrigna,

ma che fin dalla più tenera età poveri esseri senza difesa siano destinati ogni giorno e quasi a ogni ora alle più crudeli sevizie, sottomessi alle più dure privazioni, che la loro vita appena iniziata non sia già che un lungo martirio, che supplizi, torture davanti alle quali l'immaginazione indie­treggia, consumino i loro corpi, spengano le prime luci della loro ragione e abbrevino la loro esistenza, e infine, la cosa più incredibile, che i loro carnefici siano tanto spesso quelle stesse persone che hanno dato loro la vita, ecco uno dei più spaventosi problemi che possano agitare l'animo di un moralista e la coscienza di un giudice, (pp. 361-362)

Tardieu era consapevole che la società in generale e i medici in particolare preferivano negare la realtà di quanto egli aveva osservato. Abbastanza stranamente anche la vittima partecipava a tale negazione. Ma la negazione non era totale: in qualche posto, nascosto al mondo, questi bambini conservavano la consapevolezza degli orribili cri­mini che erano stati commessi sui loro corpi. Tardieu osservò che il riconoscimento di quanto era stato fatto loro era a volte evidente negli occhi di questi bambini:

I tratti del loro viso rivelano la più profonda tristezza: sono timidi e paurosi, spesso inebetiti e con l'occhio spento; ma ancora più spesso, invece, rivelano un'intelligenza precoce che si esprime solo nell'ardore cupo dello sguardo, (p. 365)

Tardieu prosegue dicendo che questi stessi bambini modificano la loro espressione se percepiscono degli atti di gentilezza e tenerezza, di cui hanno perso l'abitudine (p. 365). Egli osserva (p. 370) che i perfidi genitori che torturano in questo modo i loro bambini non esitano a dichiarare che così facendo esercitano solamente i loro diritti parentali, e che il bambino merita tale maltrattamen­to a causa della sua «indole malvagia» e che loro gli insegnano solo come comportarsi. Tardieu riconosceva l'assurdità di tali affermazioni.

Un riassunto di uno dei casi esaminati da Tardieu darà al lettore un'idea più concreta del materiale. È il caso più complesso riportato nell'articolo, a cui vengono consacrate tredici pagine (pp. 377-389), ed è l'unico che implichi un abuso sessuale. Per Tardieu, l'abuso fisico rappresenta la categoria più ampia, mentre considera l'abuso sessuale come una forma di abuso fisico, come risulta evidente dalla sua inclusione di questo caso nell'articolo.

Il 3 dicembre 1859, il tribunale criminale di Reims ascoltò il caso di Adelina Defert, di diciassette anni. Il dottor Nidart, un medico di SainteMénehould, fu incaricato dal tribunale di visitare la ragazza. Costei aveva vissuto fino a otto anni nella casa del nonno materno. Quando ritornò alla casa dei suoi genitori, ebbe inizio una vita di torture. Ciò che il dottor Nidart scoprì, con suo evidente imbarazzo, fu che Adelina «inventava storie» su quanto le era accaduto per coprire i crimini dei suoi genitori contro la sua stessa persona, «immaginando» cadute e incidenti piuttosto che far sapere agli altri l'orribile verità su ciò che le era stato fatto. Come vedremo, i genitori l'avevano tenuta, in senso letterale, ermeticamente reclusa dal mondo reale esterno, ed essa, in un commovente e patetico gesto di tenerezza verso i propri aguzzini, desiderava proteggerli a sua volta dal mondo. Il dottor Nidart, lui stesso non troppo deside­roso di scoprire la verità, fu tuttavia obbligato dal tribunale a recarsi a casa Defert. Qui scoprì il mondo di Adelina: una piccola cassa di legno. II dottor Nidart ci dà le misure esatte in centimetri: lunghezza 186, altezza 48 e larghezza 70. Veniva tenuta chiusa da una pesante catena e da un lucchetto. Nella cassa vi era un piccolo foro, appena sufficiente a lasciar passare abbastanza aria per vivere. Sul fondo della cassa vi era della paglia mischiata a cardi e ortiche. La paglia non era mai stata cambiata e brulicava d'insetti. Alcuni stracci, impregnati di pus, servivano da coperte. Un segno nella paglia rivelava i contorni di un corpo umano sottosviluppato. A poco a poco, nel buon medico baluginò l'idea che un essere umano aveva dormito in quella bara. Solo più tardi apprese che la ragazza aveva trascorso in quella cassa anche la maggior parte del giorno.

Il dottor Nidart scrisse la prima di due relazioni il 22 luglio 1859. In essa rivelava che Adelina Defert era stata legata a una panca di legno e che, dopo averla battuta con una cinghia, suo padre aveva preso dei carboni ardenti e glieli aveva fatti rotolare sulla schiena e sulle gambe, riscaldandoli in un fuoco di braci non appena si raffredda­vano. Il suo collo era già stato bruciato in questo modo. Poi era stata messa a letto nella sua bara. La sera dopo era stata tirata fuori, legata nuovamente alla panca e frustata ancora con la cinghia. La madre era entrata nella stanza con una spugna imbevuta di acido nitrico, legata in cima a un bastone, e aveva lavato le ferite della sera prima con questa medicina infernale. I vicini avevano udito la ragazza gridare per ore. Essa «ammise» che suo padre le aveva poi fatto delle «proposte ciniche» di natura «volgare», e aveva cercato di impegnarla in conversazioni che facevano riferi­mento alla «conoscenza di un intero ordine di idee che avrebbe dovuto tenerle accuratamente nascoste». Aveva persino cercato di toccarla — ma qui le sue confessioni si interrompevano e non c'era modo di persuaderla a prose­guire (p. 379). Una sera i suoi genitori l'avevano fatta sdraiare su un tavolo e poi le avevano legato una gamba al tavolo e l'altra alla maniglia di una porta per sollevarle e allargarle le gambe. Suo padre, aiutato dalla madre, aveva poi introdotto con violenza nel suo corpo un pezzo di legno di sambuco. Il pezzo di legno venne trovato e «il medico potè osservare gli strani disordini causati da questo atto di barbarie». Nidart è un medico del suo tempo; introduce un dito nella vagina e riferisce: «Medicalmente, Adelina è defiorata, ma è possibile che la rottura dell'imene sia il risultato di contatti manuali e personali» (p. 383).

Nella sua seconda relazione, il 29 luglio, il dottor Nidart fornisce una descrizione dettagliata delle bruciature e ferite di Adelina:

La parte inferiore della schiena, le natiche e le cosce presentavano un'enorme ferita, secernente ogni giorno almeno un litro di pus, poiché non bisogna dimenticare le dimensioni di questa spaventosa piaga di 44 centimetri per 24. In quel periodo Adelina giaceva sul ventre, incapace di fare il più piccolo movimento... senza provare i dolori più atroci. Non poteva urinare, né defecare senza provare un'indescrivibile tortura... Una simile piaga, affidata a un esperto chirurgo, avrebbe richiesto un minimo di 40 giorni di cura, a letto, in immobilità assoluta... I dolori sopportati da questa sfortunata bambina superano la più atroce pena che la mente sia capace d'immaginare, (p. 388)

Questo articolo non veniva citato nella letteratura succes­siva, ma Tardieu decise di riportarlo nel suo libro sulle ferite pubblicato diciannove anni dopo, nel 1879, l'anno della sua morte. Il capitolo corrispondente è identico all'articolo, a eccezione di un solo brano. Tardieu deplora che in quell'intervallo di anni il suo articolo non abbia suscitato l'indignazione e l'interesse che egli si era aspetta­to.

Questo studio, intrapreso diciotto anni fa, è stato il primo a essere tentato su questo argomento e gli scrittori di medicina legale da allora non gli hanno dedicato neppure una citazione, (p. 70)

La singolare importanza di questo lavoro è stata ignora­ta5 per più di 120 anni. Non vi è traccia della sua possibile influenza che ci sia giunta in forma diretta (ad esempio, non venne mai citato nella successiva letteratura sull'infantici­dio,6 un tema popolare nella letteratura medicolegale europea del tardo diciannovesimo secolo). Il libro che diede a Tardieu una fama temporanea, il suo Etude médicolégale sur les attentats aux moeurs1 (Studio medico­legale sugli oltraggi alla morale), pubblicato per la prima volta nel 1857,8 non è mai stato citato nella letteratura psicoanalitica o psichiatrica. Fu il primo libro di questo genere a essere scritto in Europa.

In questo libro, e nelle sei edizioni successive (l'ultima apparve nel 1878), Tardieu richiamava l'attenzione sulla frequenza delle aggressioni sessuali compiute su bambini, e in particolare su ragazzine. Le statistiche a cui fa riferimen­to sono agghiaccianti: a p. 62 dell'ultima edizione, Tardieu riporta le cifre per gli anni 1858-1869 in Francia. Comples­sivamente, in quel periodo vi furono 11.576 casi di persone accusate di stupro o tentativo di stupro. Di queste, 9125 furono accusate di stupro o tentativo di stupro su bambini. Tardieu fa osservare che le vittime erano quasi sempre di sesso femminile. Per bambini egli intende tutti coloro al di sotto dei sedici anni, sebbene precisi che nella grande maggioranza dei casi le vittime avevano da 4 a 12 anni. Il libro, in effetti, tratta degli abusi sessuali sui bambini.

A p. 8 della quinta edizione (1867), Tardieu precisa che le storie riportate si basano sull'analisi di 616 casi da lui esaminati personalmente in veste di perito medico. Più avanti (p. 14), dichiara che di questi 616 casi, 339 erano di stupro o tentato stupro di bambini al di sotto di undici anni. Alle pp. 158 e 159, Tardieu presenta alcuni casi di stupro commessi da padri sulle proprie figlie e a p. 170 un caso di stupro di una bambina di sette anni, seguito da morte. Non è noto se Tardieu riconoscesse l'esistenza di un legame fra il suo precedente lavoro sugli abusi fisici e quello successivo sugli abusi sessuali nei confronti di bambini. Ma per Tardieu era evidente che un'aggressione sessuale contro un bambino era un atto violento che poteva causare e causava la morte.

Nella sua prefazione Tardieu spiega la sua intenzione di rompere con la tradizione, non facendo ricorso agli oscu­rantismi della lingua latina. Egli afferma chiaramente (nell'edizione del 1878, a p. 62) che i padri spesso abusano delle loro figlie:

Ciò che è ancora più triste, è vedere che i legami del sangue, lungi dal costituire un barriera contro questi impulsi colpevoli, troppo spesso non servono che a favorirli. I padri abusano delle figlie, i fratelli delle sorelle. Questi fatti si presentano sempre più numerosi alla mia osservazione. Ne ho contati altri dodici a partire dalla penultima edizione di questo studio.

In linea di massima, Tardieu è convinto che gli accusati — generalmente il numero degli accusati è sempre inferiore a quello dei colpevoli di tali crimini — abbiano realmente fatto quello che viene riferito dai loro accusatori. Egli intitola un capitolo «Simulation» (p. 131 e sgg.) poiché numerose autorità erano convinte che i bambini fingessero di essere stati oggetto di abusi o di maltrattamenti. (È interessante notare come nessuno pensasse che questi racconti di stupro e seduzione potessero essere fantasie, credendoli piuttosto tentativi consapevoli per estorcere denaro o per trarre qualche vantaggio materiale dall'accusato). Tardieu credeva che nella grande maggioranza dei casi da lui studiati non vi potesse essere stata simulazione. Egli indica delle sempli­ci ragioni: vi erano cambiamenti anatomici che non poteva­no essere immaginati — lacerazioni anali e altri segni fisici di violenti attacchi sulle parti sessuali delle fanciulle. Egli osserva che i bambini che accusavano i padri lo facevano con molta riluttanza e grande paura. Fornivano particolari che erano decisivi e inoltre, quasi sempre, soffrivano per gli effetti fisiologici dell'atto, spesso con esito mortale. Alcuni dei casi da lui riportati (in particolare alle pp. 144-145, 148-149 e 150-151 dell'ultima edizione) riguardano bambine di quattro o cinque anni, vittime di stupro sia anale che vaginale. In un caso (p. 145) egli osserva quanto segue:

Dalle informazioni fornite dalla bambina, in mezzo a lacrime ed esitazioni, risulta che l'accusato aveva compiuto dei tentativi di violenza su di lei e che, precisamente il 10 gennaio, l'aveva attirata nella sua camera e dopo averla gettata sul suo letto, si era sdraiato sopra di lei, le aveva introdotto un pezzo di legno molto duro nel posteriore, era rimasto in questa posizione per quasi un quarto d'ora, e alla fine lei si era sentita bagnata intorno alle parti sessuali. Aggiunge che aveva sofferto e che il dolore l'aveva fatta gridare.

Ciò che in questo libro non c'è, come in tutti gli altri libri di questa tradizione o di questa epoca, è un accenno agli effetti psicologici sui bambini.9

A partire dal libro di Tardieu (che, a differenza dell'arti­colo scritto con più passione, non venne ignorato) ebbe inizio tutta una letteratura e una tradizione, che si basavano scientemente su questo lavoro pionieristico. Alexandre Lacassagne (1834-1924), titolare della cattedra di medicina legale all'Università di Lione, fondò gli Archives d'anthropologie criminelle et des sciences pénales e incoraggiò i suoi studenti a scrivere sull'argomento delle violenze sessuali sui bambini. La sua preziosa collezione di 12.000 lavori, che è stata data alla Bibliothèque de la Ville de Lyon, contiene molti articoli su tale tema.10 Proprio nel primo numero della sua rivista, nel 1886, egli pubblicò un articolo, Attentats à la pudeur sur les petites filles (Oltraggi al pudore su bambine),11 in cui osservava che nei tribunali criminali sovente un terzo dei casi implicava tale crimine e che «più di due terzi dei fatti relativi agli oltraggi alla morale, si riferiscono a oltraggi al pudore su bambine» (p. 60). Egli sottolinea il fatto, ignorato dai tribunali, che «gli oltraggi al pudore, frequenti, ripetuti a lungo, possono non lasciare alcuna traccia, nel modo più assoluto» (p. 67) — in altri termini, il fatto che un bambino non mostri i segni fisici derivanti dall'aver subito un abuso sessuale non significa che il bambino non lo abbia subito in realtà.

Lo stesso numero contiene un articolo di R. Garraud, professore di diritto criminale alla Facoltà di legge di Lione, e Paul Bernard: Des attentats à la pudeur et des viols sur les enfants. Législationstatistique (Oltraggi al pudore e stupri su bambini. Legislazionestatistica).12 In quello stesso anno, 1886, Paul Bernard (1828-1886) pubblicò Des atten­tats à la pudeur sur les petites filles (Oltraggi al pudore su bambine).13 Secondo le tabelle pubblicate alla fine di questo libro, fra il 1827 e il 1870 in Francia furono riportati 36.176 casi di «stupro e oltraggi alla morale» su bambini fino ai quindici anni. (La cifra corrispondente riportata per gli adulti è molto inferiore: 9653). Alcune osservazioni di Bernard sono degne di nota; a p. 49 afferma che i bambini sono esposti a tali aggressioni sessuali fin dall'età di quattro anni. Quando ciò accade, «i genitori preferiscono mantene­re il silenzio».

Si sarebbe potuto pensare che lo stupro fosse di pertinen­za esclusiva degli uomini soli. Ma Bernard scopre con sorpresa che

L'influenza della famiglia non si fa sentire in modo sensibile e sembre­rebbe invece che i bambini in casa costituiscano piuttosto uno stimolo alle male azioni. Nelle nostre osservazioni siamo stati colpiti dal grande numero di casi d'incesto, (p. 65)

Ciò che Bernard trova «più sorprendente» è che

il numero di individui dotati di istruzione superiore e accusati di oltraggi al pudore su bambini continua a crescere fino al 1880, anno in cui raggiunge la sua punta massima, (p. 68)

L'aspetto più importante del libro, dal nostro punto di vista, è la fede dell'autore nella veridicità dei bambini, e non vi è dubbio che egli segua l'esempio del suo maestro Lacassagne. Infatti cita Lacassagne quando dice (p. 108): «Le esperienze da noi fatte confermano questo modo di vedere e provano la verità delle asserzioni del bambino». A p. 114 viene riferito un caso in cui si sarebbe potuto non credere al bambino. Nel 1884 un uomo venne accusato del tentativo di stupro su due bambine. Una aveva nove anni, l'altra undici. Entrambe si ostinavano a dire che l'uomo aveva qualcosa di colorato (una diceva che era blu brillante, l'altra rosso brillante) sul pene. Lacassagne ricevette dal tribunale l'incarico di esaminare l'accusato. In realtà, quest'uomo di trentatré anni aveva «un tatuaggio, disegna­to sul dorso del membro virile, che rappresentava un diavolo con le corna, le cui guance e labbra erano colorate in rosso vermiglio» (p. 113). Lacassagne si limita a fare una relazione dettagliata solo dei fatti fisiologici e conclude: «Se gli oltraggi al pudore sono avvenuti come raccontano le bambine, non hanno lasciato alcuna traccia.» (p. 116).

Ma Bernard (p. 138) è meno cauto e più logico quando osserva che il fatto che le bambine ricordassero la partico­larità del pene era sufficiente a stabilire l'identità della parte colpevole, che aveva attirato a sé le bambine dicendo che voleva mostrare loro il diavolo. E allora Bernard, allontanandosi in una certa misura dal suo maestro, cita Tardieu e dice:

Il perito medico non dimenticherà mai le raccomandazioni così giuste di Tardieu. Nel caso in cui l'esame non dia risultati, il medico non deve accontentarsi di enunciare i segni negativi quando è possibile che i fatti siano avvenuti senza lasciare tracce; bisogna allora, per essere assoluta­mente veritieri, indicare almeno la possibilità del fatto, anche in assenza di segni positivi, (p. 139)14

Bernard giunge alle seguenti conclusioni:

Gli oltraggi al pudore compiuti su bambini sono molto frequenti soprattutto nei centri molto popolati e industriali.

Gli accusati di questo tipo di crimine sono nella maggior parte dei casi uomini di età matura o anziani e si può dire che l'età dello stupratore è quasi sempre in rapporto inverso con quella della vittima.

L'istruzione non sembra modificare l'andamento di questa criminalità. (P 141)

Freud e Paul Brouardel

Freud rimase a Parigi dal 3 ottobre 1885 fino al 28 febbraio 1886. Si era recato là per studiare sotto la guida di Charcot, ma sembrava ignorare che Charcot avesse scritto diretta­mente sulla sessualità. Incuriosito da un articolo di E. Gley15 citato da Freud in Tre saggi sulla teoria della sessualità16 scoprii che nel 1882 Charcot, in collaborazione con Valentin Magnan (1835-1916), un famoso psichiatra francese, aveva scritto un articolo intitolato Inversion du sens gènita! et autres perversions sexuelles (Inversione del senso genitale e altre perversioni sessuali).17 Nella seconda parte dell'articolo (p. 300) gli autori suggeriscono di pren­dere in considerazione la follia come possibile fattore delle aggressioni sessuali:

I medici interessati a questioni legali, che si sono occupati di delitti contro la morale, e davanti ai cui occhi sono passati individui essenzial­mente viziosi, finora sono sembrati poco disposti ad attribuire alla malattia mentale la responsabilità che le pertiene.

Citano poi il libro di Tardieu sugli attentats aux mceurs, che, essi dicono, «sfiora appena la questione della follia». Gli individui accusati di aggressioni sessuali sono abitual­mente dei fous lucides (pazzi lucidi), i cui «appetiti e istinti dominano la loro volontà e spingono irresistibilmente alla soddisfazione dei loro bisogni morbosi» (p. 301). Charcot e Magnan desideravano precisare che le persone con appetiti sessuali perversi hanno notevoli capacità intellettuali, ma sono ciò che Magnan chiama altrove dégénérés supérieurs. I casi presentati sono di interesse psicologico (v. pp. 307314), sebbene non vengano citati per questa ragione.

Un caso riportato nell'articolo (p. 321) riguarda una donna di ventinove anni, la cui vita è dominata dall'irresi­stibile e continuo desiderio di dormire con suo nipote, un bambino di tre anni. Essa ha costantemente delle fantasie in cui immagina di vederlo nudo davanti a sé, o steso sopra di lei, con il piccolo pene nella vagina. Queste fantasie sono così intense da raggiungere spesso il livello di un'autentica allucinazione, per cui si sente obbligata a chiedere ansiosa­mente ai suoi vicini se l'hanno vista in quella situazione. Quando la famiglia si riunisce per la cena, si assicura che il bambino sia seduto il più lontano possibile da lei, ma ciononostante la sua vista è sufficiente a causarle «spasmi e secrezioni vaginali». Questo stesso caso veniva riferito da Magnan in un certo numero di altre sue pubblicazioni.18 Quindi per Charcot e Magnan (indubbiamente sotto l'in­flusso di Tardieu), gli impulsi sessuali (che in seguito portavano agli atti sessuali) degli adulti verso i bambini erano reali.

Il 13 gennaio 1885, all'Académie de Médecine,19 Magnan tenne una conferenza, ampiamente citata, dal titolo Des anomalies, des aberrations et des perversions sexuelles (Sulle anomalie, le aberrazioni e le perversioni sessuali). In questo articolo (p. 65) Magnan dice di aver visitato un paziente insieme a Charcot, ed è quindi chiaro che Charcot era al corrente dei casi implicanti perversioni sessuali, sebbene nei suoi articoli più famosi sull'isteria non traspa­risse alcun interesse per il significato etiologico della sessualità.  È possibile  che  Freud  avesse udito  Charcot discutere alcuni di questi casi durante le sue lezioni, poiché si trovava a Parigi proprio in quel periodo.

Magnan sembra essere il solo ad aver riportato un caso di molestia infantile all'inverso. In una pubblicazione del 1893, intitolata Legons cliniques sur les maladies mentales (2a ed., Bureaux du Progrès Medicai, Paris, p. 187) egli cita il caso di una bambina di dodici anni, Georgette, che a prima vista non sembrava dégénérée ma i cui mauvais instincts raggiungevano una misura che, nell'esperienza di Magnan, era senza precedenti. Aveva iniziato a masturbarsi a cinque anni, dopo che «un giovane aveva apparentemente abusato di lei, ed essa afferma che da allora prova un irresistibile bisogno di provare nuovamente le stesse sensazioni». A undici anni la sua perversione morale raggiunse il culmine: beveva urina, si masturbava con cotolette che poi mangiava. Alla fine rivolse la propria lubricità sulla madre. Le chiedeva sovente di dormire con lei con l'unico scopo di toccarle le parti genitali. Un giorno, approfittando di un'indisposizione che aveva obbligato la madre a mettersi a letto, le mise una mano sui genitali, e incominciò a masturbarsi. Aveva scelto il momento in cui la madre era semisvenuta. Un giorno le propose di passarle la lingua sulle parti genitali.

Con evidente soddisfazione di Magnan, essa venne messa in un istituto per malati mentali.

Freud, probabilmente, sapeva di questi casi in quanto Mòbius, che Freud ammirava molto, aveva tradotto i lavori di Magnan in tedesco, affascinato com'era dal concetto di degenerazione di Magnan. Freud aveva i sei volumi di questa traduzione nella sua biblioteca personale.20 In essi è incluso anche l'articolo scritto in collaborazione con Charcot (2, p. 33 e sgg.). Inoltre, quest'opera contiene altri casi di natura simile in un articolo, sempre in collaborazione con Charcot, intitolato Onomatomanie, cioè l'impulso a pro­nunciare parole oscene (voi. 4, pp. 332).

Non è possibile dire se Freud fosse o meno a conoscenza di questo lavoro fin dai giorni del suo soggiorno a Parigi, ma è interessante osservare che Charcot aveva un'esperienza maggiore di quanto si pensasse su questioni che avrebbero assorbito l'interesse di Freud negli anni successivi. Comin­cia così a precisarsi lo sfondo da cui è sorto l'interesse di Freud per la seduzione.

Uno degli assistenti di Charcot alla Salpetrière era George Gilles de la Tourette, di cui Freud aveva tre libri nella sua biblioteca personale.21 In una comunicazione intitolata Le viol dans l'hypnotisme et les états analogues (Lo stupro nell'ipnotismo e in stati analoghi ),22 presentata a Parigi il 2 agosto 1886, egli parla (p. 392) di un «importante resoconto, non ancora pubblicato, di Brouardel», un caso di stupro che non poteva mancare di suscitare l'interesse di Freud in quanto era avvenuto durante un trance ipnotico, un argomento frequente nelle lezioni di Charcot alla Salpetrière.

Paul Camille Hippolyte Brouardel23 (1837-1906), noto come il «Pontifex maximus»24 della medicina francese, fu il successore di Ambroise Tardieu alla cattedra di medicina legale a Parigi. Negli anni 1876-1877 fu assistente di Tardieu. Alla morte di quest'ultimo nel 1879, ne occupò la cattedra e introdusse subito un cambiamento di politica: gli studenti di medicina potevano andare alla Morgue di Parigi tre volte alla settimana; così, le autopsie divennero pubbli­che. «Tutti i corpi delle vittime di crimini vengono portati all'obitorio... ogni anno l'obitorio riceve circa mille cadave­ri. Trecento di questi vengono sottoposti ad autopsia per decreto   giudiziario. »25

Freud conosceva Brouardel e assistè alle autopsie. Nella sua «Relazione sui miei studi Parigi e Berlino eseguiti grazie a una borsa di studio concessa dal Fondo per il Giubileo dell'Università, ottobre 1885 — fine marzo 1886»26 (1886) Freud scrive:

Abbandonai i miei tentativi occasionali di assistere ad altre lezioni quando mi resi conto che il massimo che esse potevano offrire era, nella maggior parte dei casi, una prestazione retorica ben costruita. L'unica eccezione era rappresentata dalle autopsie e dalle lezioni di medicina legale del professor Brouardel alla Morgue, a cui mancai raramente.

In una lettera alla moglie Martha, scritta il 20 gennaio 1886, Freud parla dell'incontro con Brouardel a casa di Charcot:

Ho anche avuto il permesso di frequentare il corso del professor Brouardel alla Morgue, dove sono stato oggi. La lezione era affascinan­te, l'argomento non molto adatto per nervi delicati. Viene riportato in tutti i giornali di Parigi come l'ultimo omicidio.27

Dopo aver letto la prefazione28 di Freud al libro del capitano John Gregory Bourke Scatologic Rites of Ali Nations, mi fu chiaro che Freud, nelle sue visite successive all'obitorio, aveva visto qualcosa di più importante che non la vittima di un normale omicidio. Egli inizia la sua prefazione con queste parole curiose:

Mentre stavo a Parigi nel 1885, come allievo di Charcot, ciò che mi attraeva maggiormente, a parte le conferenze stesse di questo grande uomo, erano le dimostrazioni e le lezioni di Brouardel. Alla Morgue egli ci mostrava, su materiale postmortem, quanto vi era che meritasse di essere conosciuto dai medici ma di cui la scienza preferiva non prendere nota [corsivo mio].

Questo è un passaggio sconcertante. Che cosa poteva mostrare Brouardel al suo pubblico «di cui la scienza preferiva non prendere nota»?

Un famoso aneddoto che appare in un saggio di Freud del 1914 Per la storia del movimento psicoanalitico collega Brouardel, Charcot e il ruolo della sessualità nella malattia mentale.29 È a questo argomento che Freud, senza dubbio, si riferisce.

In realtà, Brouardel scrisse un libro sullo stesso argomen­to scelto dal suo illustre predecessore, Ambroise Tardieu. Il libro venne pubblicato postumo (ma includeva le lezioni tenute prima e forse durante il soggiorno di Freud a Parigi) con il titolo  ormai  familiare Les  attentats  aux  moeurs, l'ultimo della sua serie Cours de médecine legale de la Faculté de Médecine de Paris?30 Il libro ci rivela una insospettata stretta collaborazione fra Charcot e Brouardel per lo studio dello stupro di bambini da parte di adulti. Brouardel scrive (p. 1):

Mi si conceda, a questo proposito, di ricordare (al mio pubblico) che Charcot ed io abbiamo cercato, a più riprese, di non accontentarci di questo esame, in qualche modo unilaterale, e di estendere le nostre indagini per includervi non solo la vittima ma anche l'accusato.

(L'esatta natura della loro collaborazione non è nota, né, che io sappia, Charcot indicò mai nei suoi scritti di essere interessato all'argomento dell'abuso sessuale sui bambini, a parte le citazioni sopra riferite dagli articoli scritti con Magnan.)31

Brouardel, come confessa più volte nel suo libro, è particolarmente interessato allo stupratore più che alla vittima. Egli parla di stupratori dichiarati colpevoli dicendo che spesso sono «excellents pères de famille» (eccellenti padri di famiglia) (p. 3). Tuttavia, a differenza di Tardieu e Toulmouche, di cui continua la tradizione, descrive ciò che ha visto. Così, scrive: «1 delitti contro la morale comune sono i crimini della casa» (p. 8). Malgrado la sua riluttanza a riconoscere la colpa di un padre in un simile crimine, egli scrive che, nella sua esperienza personale, su 232 casi il padre era colpevole in 19, il patrigno in 4 e lo zio in 6. La definizione di attentai à la pudeur (oltraggio al pudore) di Brouardel è relativamente semplice: «Stupro senza pene­trazione» (p. 22). Egli riconosce che si tratta di un crimine diretto contro le femmine in particolare e cita con approva­zione le parole del suo studente Thoinot:32 «Il vero oltrag­gio al pudore è quello compiuto su una bambina» (p. 26).

La maggior parte dei casi trattati nel libro di Brouardel si riferiscono al 1880-1885. Alcuni riguardano l'incesto tra padre e figlia. Per esempio, alla p. 183 Brouardel parla di un caso di violenza, esaminato nel 1882, da parte di un padre sulla figlia dodicenne. Molti dei bambini erano molto piccoli. A p. 171 egli dice di aver esaminato una vittima di violenza dell'età di sette anni nel 1885, hanno in cui Freud era a Parigi. Per di più, era chiaro a Brouardel che molti casi implicavano violenza e sadismo. Egli scrive, per esempio (p. 90): «Io conosco tre o quattro casi in cui si riscontravano capezzoli morsicati»; e accenna al fatto che pure «ferite ai genitali non erano rare» (p. 129). Infine, egli cita (p. 93) persone assassinate che erano state violentate. Ma vi è qualche motivo di credere che egli avesse avuto l'opportunità, durante una lezione a cui Freud avrebbe potuto assistere, di eseguire un'autopsia su un bambino violentato   sessualmente?

Sfortunatamente, nell'attuale obitorio di Parigi, vicino alla Gare d'Austerlitz, non sono state conservate le regi­strazioni delle autopsie eseguite nel diciannovesimo secolo. Tuttavia, nella biblioteca vi è una oscura tesi (stampata ma non elencata nel National Union Catalogue) di Antonin Delcasse intitolata Etude médicolégale sur les sévices de l'enfance (Studio medicolegale sulle sevizie a bambini), (Librarne OllierHenry, Paris, 1885).33 Nell'introduzione a questo lavoro si legge il seguente brano:

Nelle eccellenti conferenze che tiene ogni settimana alla Morgue, il professor Brouardel, che in pochi anni è riuscito ad acquisire, come medico legale, un'autorità e una celebrità affatto inferiori a quelle del suo predecessore, il professor Ambroise Tardieu, ha spesso richiamato la nostra attenzione su questi fatti particolari: sevizie e maltrattamenti di cui i bambini in particolare sono vittime a opera dei loro genitori, dei loro maestri, in breve, di chi esercita su di loro un'autorità più o meno diretta.

Così, nel 1885, poco prima dell'arrivo di Freud a Parigi, Brouardel attirava «spesso» l'attenzione del suo pubblico alle autopsie sulle violenze a bambini da parte di genitori e maestri.

Delcasse fornisce numerosi esempi tratti dalle lezioni di Brouardel all'obitorio. Una volta Brouardel presentò il caso di una bambina di quattro anni e mezzo che evidente­mente era stata battuta a morte (p. 46). Egli osservò che «la maggior parte dei colpi era stata somministrata da una mano accanita, che colpiva alla cieca e senza scopo. Due colpi testimoniano una violenza ancora maggiore». Delcasse cita anche Brouardel a proposito di una bambina di sette anni bruciata e torturata dalla madre (p. 41).

Quindi all'obitorio di Parigi Brouardel presentava casi di bambini uccisi da un genitore. Poiché, come abbiamo appreso dai suoi scritti, era interessato agli oltraggi alla morale (attentats aux moeurs) — ormai un interesse tradizio­nale per i titolari della cattedra di medicina legale, come dimostrato dagli scritti del suo predecessore, Ambroise Tardieu, sullo stesso argomento — e poiché è ormai cosa nota che la violenza sessuale (stupro) finisce spesso in violenza fisica (omicidio), è probabile che fra i casi presen­tati da Brouardel all'obitorio vi fossero degli stupriomicidi di bambini per mano di un genitore o parente stretto. In ogni caso i due argomenti, atti fisici violenti e atti sessuali violenti di un genitore contro un bambino, furono entrambi due temi su cui scrissero Brouardel e Tardieu. Sappiamo che Freud seguì i corsi di Brouardel all'obitorio e vide cose «di cui la scienza preferiva non prendere nota». Se Brouar­del avesse presentato un caso di un bambino assassinato brutalmente, per lui sarebbe stato ben naturale collegare questo caso ad altri, su cui aveva pure indagato, di violenze sessuali a bambini. Freud allora, con tutta probabilità, udì Brouardel parlare di casi di aggressioni sessuali violente a bambini e potrebbe aver visto di persona l'evidenza di tali violenze. Sebbene Brouardel non scorgesse alcuna somi­glianza fra i due tipi di crimine, quando Freud si trovò a valutare il significato psicologico di tali atti nel 1895 e 1896, è inevitabile che ripensasse alle esperienze dei suoi giorni a Parigi, sia a quanto aveva letto che a quanto aveva vista all'obitorio. Il termine stesso che Freud usa nel suo articolo del 1896 sull'etiologia dell'isteria, Vergewaltigung (stupro), testimonia la violenza (Gewalt) implicita in tale atto. E quando, nello stesso lavoro, Freud parla della punizione che un seduttore spesso impartisce al bambino che seduce, rivela di essere consapevole dell'abuso fisico che spesso accompagna quello sessuale su un bambino.

La biblioteca di Freud — Attentats aux moeurs Tardieu, Bernard, Brouardel

Tardieu, Bernard e Brouardel furono gli autori delle principali opere in questo campo, ma vi sono altre ragioni per cui sono al centro di questo capitolo.

Nel 1938, prima di partire per l'Inghilterra, Freud, con l'aiuto della figlia Anna, passò in rassegna i libri della propria biblioteca e scelse quelli che non voleva portare con sé.34 Freud diede questi libri a Paul Sonnenfeld, che aveva una libreria vicino alla casa di Freud. Sonnenfeld vendette i libri a Heinrich Hinterberger (1892-1970), proprietario di un grande negozio di libri usati. Hinterberger, dopo averli catalogati come «Libri e articoli di neurologia, psichiatria e rami scientifici affini», li mise in vendita nel 1938. Il catalogo di 26 pagine contiene un elenco di 814 libri, su 54 dei quali vi era scritto il nome di Freud, mentre sugli altri vi era il suo timbro. La collezione venne venduta all'Istituto psichiatrico dello stato di New York nel 1939, e attualmente si trova nella Augustus Long Rare Books Library of Columbia University College of Physicians and Surgeons.35 K.R. Eissler, che era in contatto con Hinterberger, compilò un elenco di quei volumi (circa 65) che probabil­mente non erano appartenuti a Freud. Possiamo essere ragionevolmente sicuri che gli altri fossero stati suoi. Fra questi volumi vi sono i seguenti tre titoli, riprodotti qui fedelmente dal catalogo; sono elencati sotto l'intestazione

«Vita sessuale,  normale e  anormale,  Patologia sessuale, ecc. »:

648 Brouardel, P. Les Attentats aux Moeurs. Préf. de Thoinot, Paris, 1909. In.8. VII, 231 pp. Br. 2.(Marks)

646 Bernard, Paul. Des Attentats à la Pudeur sur les petites Filles. Paris 1886. In.8. 145 (I) pp., 2 planches. Br 2.

702 Tardieu, Ambroise. Étude médicolégale sur les Attentats aux Moeurs, 7, ed. Accomp. de 3 planches gravées. Paris 1878. In.8 VI. 296 pp. Br.

2.

In altri termini, Freud aveva avuto nella sua biblioteca personale tutti e tre i libri, le principali opere francesi sull'argomento della violenza sessuale contro i bambini. Quando partì per l'Inghilterra non li prese con sé e si direbbe che avesse anche cancellato dalla sua mente qual­siasi traccia del loro contenuto.

Nessuno dei tre volumi porta annotazioni di Freud, ma, vista la grande importanza dei temi trattati nei tre libri per il suo pensiero, è improbabile che avesse tralasciato di leggerli. Molti dei volumi che ho potuto vedere nella biblioteca di Maresfield Gardens, persino quelli citati spesso nei suoi lavori, non sono annotati. È possibile che Freud abbia letto le opere di Bernard e Tardieu in biblioteca, mentre era a Parigi, e che le abbia comperate solo più tardi. Tutti e tre i volumi sono stati rilegati e così è difficile giudicare dal loro aspetto se siano stati molto usati. Freud non cita mai nessuno di questi libri in nessuno dei suoi scritti. Il perché egli non abbia fatto riferimento a Bernard e Tardieu nelle sue pubblicazioni del 1896, quando questi autori avrebbero potuto essergli di sostegno per le sue teorie nuove e impopolari, è un enigma su cui possiamo solo fare delle ipotesi. Forse Freud non desiderava ricono­scere la priorità degli autori francesi, sapendo di essere stato il primo a scoprire l'importanza psicologica del materiale da loro raccolto e presentato con tanta cura. (Il libro di Brouardel, sebbene pubblicato nel 1909, rappresenta il pensiero di questo autore durante il periodo in cui Freud era a Parigi, 18851886, come risulta da un'analisi degli articoli di Brouardel di quell'epoca. Freud acquistò il libro nel 1909, o più tardi, senza dubbio a causa della sua considerazione per Brouardel e forse come ricordo delle lezioni di Brouardel a cui aveva assistito.)

In ogni caso, queste nuove informazioni indicano che la visita di Freud a Parigi ebbe un significato storico maggiore di quanto egli stesso pensasse o volesse far credere. Possiamo così giungere alla insospettata conclusione che, con tutta probabilità, il soggiorno parigino fornì a Freud le esperienze e le evidenze sulle quali nel 1896 basò la sua tesi secondo cui il nucleo centrale dei disturbi nevrotici sarebbe costituito da traumi sessuali realmente subiti nell'infan­zia.

Tuttavia, vi è un altro corpo di letteratura, di origine francese e la cui importanza è stata trascurata, suscettibile di aver esercitato una notevole influenza sulla successiva decisione di Freud di abbandonare tale tesi, sebbene, ancora una volta, egli non faccia alcun riferimento a tale letteratura nei suoi scritti.

I bambini che mentono: Fournier e la fantasia di violenza

Gli autori francesi che scrissero sullo stupro nell'infanzia erano specialisti medici incaricati dai tribunali di stabilire la natura degli atti criminali perseguiti. Per loro, tali atti erano fin troppo reali. Ma ben presto, all'interno di tale lettera­tura, si sviluppò una corrente che, a lungo andare, esercitò un'influenza durevole e, a mio avviso, sinistra. Tale lette­ratura ha per oggetto le simulazioni e le presunte bugie dei bambini. Vi fu una lunga serie di autori interessati alla pseudologia phantastica dei bambini. Toulmouche e Tardieu,  i primi  a scrivere  sugli  attentats,  originariamente dedicarono brevi capitoli dei loro libri a tale argomento Essi informavano che, a causa della natura stessa delle cose poteva essere che un numero limitato di simulazioni fosse dovuto ad avidità o a motivi di vendetta. Nessuno dei due attribuiva una particolare importanza a tale fattore, e certamente non gli accordavano nessuna importanza teori­ca indebita. Ma circa trent'anni dopo la situazione era cambiata, e due articoli appartenenti a questa tradizione finirono per radicarsi in tutto il pensiero futuro.

Il primo, di Alfred Fournier (18321914), venne presen­tato a una distinta riunione dell'Académie de Médecine, nel 1880, sotto forma di un elegante discorso, spesso citato (ad esempio, il libro di Bernard sugli attentats inizia con le parole di apertura di tale discorso),36 dal titolo Simulation d'attentats vénériens sur de jeunes enfants (Simulazione di oltraggi sessuali su bambini). Fournier, una nota figura medica della vita accademica parigina, era deciso a sma­scherare le finzioni dei bambini.

Una bambina di otto anni si presentò allo studio di Fournier «letteralmente bagnata di pus giallo che le colava dalla vagina». Qualcosa nel suo racconto — diceva di essere stata molestata da un uomo — destò i sospetti di Fournier ed egli decise di conquistarne la confidenza con denaro, dolci, parole gentili e infine «una bambola che muoveva gli occhi» che «decise il mio trionfo». Essa disse a Fournier, con grande difficoltà e con molta paura ed esitazione che «non era stata toccata da un signore, ma che sua madre, a tre riprese, le aveva sfregato le parti sessuali con una spazzola per pavimenti, proibendole di parlarne e minacciandola di ricominciare se lo avesse fatto» (p. 502).

Fournier fu compiaciuto che la causa contro l'uomo venisse abbandonata; la «simulazione» era stata dimostra­ta. Per quanto riguardava Fournier, la scienza era stata servita e il caso era chiuso. E la madre? Fournier le disse ciò che la figlia gli aveva rivelato, ma qui finisce la storia.

Fournier non aveva altri interessi, niente da comunicare alla scienza. Confesso di essere ossessionato da quella bambola che muoveva gli occhi. Quali altre miserie erano in serbo per la bambina e la sua bambola per mano di quella madre? Né Fournier, né nessuno dei suoi colleghi, erano interessati agli effetti dell'abuso sessuale sulla bambina. Fournier, tuttavia, mostra interesse per il benessere degli uomini accusati:

Un eccellente e perfetto onest'uomo, padre di famiglia, giustamente onorato e assolutamente incapace (sarei volentieri pronto a farmene garante) di una azione infamante, si era lasciato prendere in una trappola di questo genere, (p. 510)

L'uomo era stato accusato di tentato stupro su una bambina. La bambina e la sua famiglia erano povere e appartenenti alle classi inferiori, e quindi, agli occhi di Fournier, avide. Inoltre, avevano dei déplorables antécédents. L'uomo, appartenente alle classi superiori, era ricco e quindi degno di fede. Fournier dice esplicitamente: «Tutte le circostanze, sia morali che materiali, deponevano a suo favore». A dispetto di Fournier, l'uomo acconsentì a pagare quanto gli veniva chiesto piuttosto che essere processato. Fournier è convinto che sarebbe risultato innocente, ma l'uomo evidentemente aveva qualche dub­bio.

Tardieu aveva scritto che dubitava che la secrezione vaginale potesse essere spontanea e che nella sua esperien­za era generalmente causata dall'esterno, era cioè il risulta­to di un'aggressione sessuale. Fournier non era d'accor­do:

Da parte mia ho incontrato nella pratica numerose infiammazioni vulvari sopravvenute in bambine in modo assolutamente spontaneo, al di fuori di qualsiasi violenza criminale, al di fuori di qualsiasi possibilità dì aggressione sessuale, ad esempio su bambine che neanche per un istante erano sfuggite all'occhio vigile della madre, (p. 514).

Ma proprio Fournier riportava il caso di una bambina di otto anni che non era mai sfuggita all'«occhio vigile» della madre. Ciò non le aveva impedito di essere la vittima di una aggressione sessuale immorale, anche se a opera della stessa madre. Ma Fournier, persino dopo aver presentato personalmente il caso (e dopo aver letto Tardieu, che a sua volta cita casi analoghi), è incapace di credere che simili aggressioni da parte di una madre possano costituire una violenza sessuale.

Nello stesso discorso, Fournier cita il suo amico Paul Brouardel, il decano della Facoltà di medicina:

Le ragazze accusano i loro padri di violenze immaginarie su loro stesse o su altri bambini al fine di ottenere la loro libertà per darsi alla deboscia. (P512)

Brouardel è l'autore dell'altro importante articolo in questa linea. L'11 giugno 1883 tenne un discorso alla Société de Médecine Legale de France, successivamente pubblicato negli Annales (3a serie, 10, pp. 6071, 148179), intitolato Les causes d'erreur dans les expertises relatives aux attentats à la pudeur (Le cause di errore nelle perizie inerenti agli oltraggi al pudore), in cui si trattava degli abusi sessuali sui bambini. L'esistenza di tale articolo, scritto a quel tempo, dimostra che Brouardel era già interessato a questo argomento nel periodo in cui Freud era a Parigi e non solo negli ultimi anni della sua vita. La prima metà dell'articolo è dedicata quasi esclusivamente alla simulazio­ne. Brouardel fornisce il resoconto più accurato esistente in letteratura delle possibili ragioni per cui una bambina potrebbe mentire al riguardo della seduzione sessuale; successivamente   venne   utilizzato   da  molti   altri   autori.

Quando la bambina ha elaborato una storia, se ne imbeve e il piacere che prova a recitare una parte, a essere circondata da un interesse pieno di compassione, la rende irremovibile nelle sue dichiarazioni. Si parla spesso del candore dei bambini, non vi è nulla di più falso. La loro immaginazione si compiace a inventare storie di cui sono gli eroi. Il bambino si consola raccontandosi fantasie che egli sa essere completamente false... Fate che questo bambino, alle cui parole normalmente veniva prestata un'attenzione mediocre, trovi un pubblico, che venga ascoltato con una certa solennità, che vengano registrate le creazioni della sua fantasia, ed eccolo crescere nella propria stima, diventare egli stesso un personaggio, e niente gli farà più confessare che ha ingannato la sua famiglia e le prime persone che lo hanno interrogato. La sua menzogna sarà tanto più difficile da smascherare quanto più il bambino mente senza lasciarsi disturbare dalle inverosimiglianze che si riscontra­no nel suo racconto, (p. 63)

Nel libro di Brouardel Les attentats aux mceurs, la passione e il vero interesse dell'autore sono riservati al lungo capitolo (pp. 5272) sulla simulazione. Inoltre, è probabile che avesse parlato su questo argomento al suo pubblico all'obitorio di Parigi nel 1885. Egli pretende che su 100 querele per abuso sessuale su bambini, ve ne siano da 60 a 80 di infondate (p. 52). Descrive il caso illustrato da Fournier, già citato, e dice che è il più importante che abbia visto. Alla fine del suo racconto vi è un passo significati­vo:

Può accadere che i genitori siano in estrema buona fede, ma che, nella loro ignoranza della patologia infantile, prendano la più piccola vulvite come la conseguenza di contatti sessuali criminali. Atterrita da una constatazione che le sembra molto grave e significativa, la madre incalza la bambina di domande e finisce, peraltro inconsciamente, per suggerirle un racconto che servirà da base all'accusa futura. Perché, se da un lato uno dei fattori della calunnia è costituito dall'ignoranza della madre, l'altro consiste nell'estrema suggestionabilità della bambina.

Freud addurrà questi stessi argomenti, in un secondo tempo, per spiegare il proprio errore nel credere alle sue pazienti.

Brouardel cita, come un grande progresso compiuto in tempi recenti (Freud non è menzionato) verso la spiegazio­ne di tali fenomeni, una serie di articoli di Dupré sulla mythomanie, l'abitudine patologica alla menzogna, che, secondo Brouardel e i suoi colleghi «è in rapporto con... la degenerazione mentale». Cita il caso (p. 62) di un bambino di nove   anni,   da  lui   esaminato   insieme   a   Paul   Garnier (probabilmente verso il 1880 o il 1890; Garnier morì nel 1901): un «piccolo satiro» dedito a «perversioni mostruose» con adulti in orge terrificanti, secondo i racconti del ragazzo stesso. Ma Garnier e Brouardel erano scettici e scoprirono che la sua storia era un'invenzione, anche se non intera­mente. Poiché, si scoprì, erano i genitori del bambino «a suggerire alla sua fertile immaginazione quelle scene inven­tate». Brouardel spiega che lo facevano a causa di una «malsana curiosità». E ha qualcosa da dire anche a propo­sito della presunta tendenza delle donne a immaginare di essere state violentate:

L'isteria ha un importante ruolo nella genesi di queste false accuse, sia a causa delle allucinazioni genitali derivanti dalla grande nevrosi [isteria], sia perché le isteriche non esitano a inventare storie menzognere al solo scopo di attirare su di sé l'attenzione e di rendersi interessanti, (pp. 6465)

(Brouardel difende questo stesso punto di vista nel suo articolo del 1883.)

Brouardel conclude questo capitolo, il più importante e l'unico destinato a far sentire la propria eco fino ai nostri giorni, manifestando il proprio interesse per «la psychologie de la victime» (p. 71). Egli dice a proposito del perito medicolegale:

E non gli è proibito di far conoscere al giudice istruttore, fin dall'inizio, la psicologia così particolare di alcune vittime e delle persone intorno a loro.

Il corsivo è nell'originale. Chi sono queste vittime con una psicologia tanto speciale da creare i loro propri aggressori? Sono, continua Brouardel, «mitomani, isteri­che accusatóri o anche semplicemente bambini depravati in tenera età». Ma nei casi in cui lo stupro era avvenuto, e dopo tutto era dovere professionale di Brouardel di indaga­re principalmente su quei casi in cui lo stupro era reale, adottò la posizione a cui aderirono successivamente Abra­ham e la maggior parte della società maschile: «In generale si tratta di donne predisposte, ed è per questa ragione che bisogna studiare con cura gli antecedenti ereditari e perso­nali di queste persone.» (p. 96)

Ma allora come spiegherebbe Brouardel le diciassette ferite da coltello inferte a una bambina durante il suo stupro (in un caso riferito da Tardieu)? Sicuramente non erano ferite psicosomatiche immaginarie. Brouardel non negava che potessero verificarsi casi simili (in realtà, cita lo stesso caso di Tardieu a p. 129), ma apparentemente non provava alcun interesse teorico per questi e riservava il proprio ardore scientifico per quelli in cui rilevava, con soddisfazio­ne, che il bambino aveva mentito.

Nel novembre 1882, il dottor Claude Etienne Bourdin presentò una relazione alla Societé Médicopsychologique dal titolo rivelatore Les enfants menteurs (I bambini che mentono).37 Nella seconda parte di questo articolo racconta la seguente storia:

Un bambino venne ammesso in ospedale. Sembrava avere sei o sette anni. La fisionomia di questo bambino rivelava intelligenza. Capiva quello che gli si diceva, e obbediva agli ordini ricevuti, ma restava completamente muto. Questo mutismo durò un anno. Durante tutto questo periodo il bambino fu sorvegliato con particolare cura (per stabilire se fosse una finta). Né i suoi piccoli amici, né le infermiere, né le suore riuscirono ad ottenere da lui altro che segni. Tuttavia, un giorno, una parola sfuggì dalla bocca del bambino. Un infermiere la udì. Si stabilì un colloquio fra il sorvegliante e il presunto muto. Il bambino ammise di sapere parlare come i suoi piccoli amici. Era stato zitto perché il padre lo aveva minacciato di farlo morire se avesse detto una sola parola. Effettivamente questo bambino non osò mai rivelare né il nome, né l'indirizzo del padre e della madre, (p. 375)

Bourdin commenta questa triste storia: «Le informazioni che diede a questo riguardo... vennero riconosciute come quasi completamente false». Il bambino, che viveva in una paura mortale e non osava parlare, venne etichettato come un bugiardo. Già vittima di violenza, si trovò anche nei panni dell'accusato. Poiché, come dice Bourdin:

I bambini sono disponibili alla cupidigia, all'odio, alla vendetta, all'inimicizia, alla gelosia soprattutto, e, a ben vedere, a quasi tutte le passioni che agitano il cuore dell'adulto. Si può quindi cercare la fonte delle loro menzogne nel dedalo delle passioni; vi sono forti probabilità di trovarla. (p. 378)

Egli consiglia:

Tocca agli educatori e soprattutto ai medici distruggere il mito dell'infal­libile sincerità del bambino. Si tratta di un'opera meritoria sotto ogni aspetto, (p. 384)

E termina:

Per concludere, infine, mi restano da dire delle parole ben tristi, poiché si tratta di strappare all'infanzia quell'aureola di sincerità di cui si è così ingiustamente ornata. Per conoscere l'anima del bambino, mi sono rivolto, seguendo i consigli di un saggio, al bambino stesso: «Parla», ho detto, «e agisci». Il bambino ha risposto. Ho ascoltato le sue parole e giudicato i suoi atti. Da questo doppio esame è risultata per me la convinzione assoluta che il bambino si compiace della menzogna e sa servirsene abilmente nell'interesse dei suoi cattivi istinti e delle sue passioni malvagie, (p. 386)

Pochi anni dopo, nel 1887, il dottor Auguste Motet (nato nel 1832) scrisse un articolo a sostegno della tesi di Bourdin intitolato Les faux témoignages des enfants devant la justice (False testimonianze dei bambini davanti alla giustizia).38 Motet dice (p. 495) che l'ispirazione di questo lavoro gli era venuta dopo aver osservato le isteri­che presentate da Charcot. Afferma (p. 485) che le inven­zioni dei bambini e le bugie delle isteriche hanno molto in comune. Questo passaggio, dalle «bugie dei bambini» alle «bugie delle donne isteriche» era destinato ad avere un effetto tragico sulla storia del pensiero psicologico in Europa. Bourdin (p. 380) cita un articolo del 1882 di Vedie (Annales médicopsychologiques, 8, p. 239) a pro­posito delle menzogne e accuse di donne isteriche, a cui aggiunge: «Mi sembra che tutti gli psichiatri siano d'accor­do su questa opinione».

Un articolo pubblicato postumo, intitolato Les Hystériques Accusatrices (Le isteriche accusatrici)39 di Paul Garnier (1819-1901), medico capo dell'ospedale presso la centrale di polizia, autore di Masturbation à deux), che aveva lavorato con Brouardel, continua in questa tradizio­ne e collega sessualità, isteria e menzogna. Un caso che egli riporta in modo molto particolareggiato (pp. 345-361) è quello di una bella donna, alta, elegante, di ventidue anni, Camille, che era intelligente e distinta ma, ahimè, isterica. Suo padre, ci assicura Garnier, era «un homme fort honorable». Di conseguenza quando Camille lo accusava di incesto (p. 347) «l'enormità delle accuse ne distrugge la verosimiglianza». Garnier commenta che «evidentemente, la tendenza accusatóce è qui primordiale e fondamentale» (p. 353). Garnier non si chiede se i disturbi di Camille possano risultare dalla realtà delle sue accuse, ma presume automaticamente che le sue accuse siano il risultato dei suoi disturbi. Un'altra prova, secondo lui, è il fatto che essa racconti a un gruppo di medici che la stanno visitando che «mio fratello è l'amante di mia madre. Era già il suo amante all'età di dieci o dodici anni» (p. 357). E ancora: «Mia sorella è morta di debolezza, perché non è stata curata. Per due anni è rimasta senza uscire di casa» (p. 358). Tutti questi «segreti» di famiglia che Camille rivelò ai medici (p. 361) «senza scopo, senza bisogno» furono considerati come ulteriori prove della sua isteria. È come se Garnier stesse dicendo: ciò che racconta Camille non può essere vero, e se lo è, lei non ha alcun interesse a raccontarcelo. In entrambi i casi è folle. Poiché non smise mai di chiedere che il padre comparisse in tribunale (p. 361) «venne mandata in mani­comio a SainteAnne».

Charcot rappresentava questa tradizione alla Salpetrière. L'insegnamento impartito in questo grande ospedale influenzò fortemente Freud, ma l'influenza personale di Charcot fu anche maggiore. A quel tempo la psichiatria e la medicina forense erano campi interamente separati. Tardieu e Brouardel, come medici legali, non si occupavano di alcuna forma di terapia, ancor meno di psicoterapia. Charcot, invece, aveva una grandissima reputazione come «guaritore». A quel tempo l'intervento medico diretto e autorevole esercitava una certa attrazione su Freud.

Quando Freud lasciò Parigi, non vi è dubbio che entram­be le correnti a cui era stato esposto fossero attive nel suo pensiero. Una corrente tradizionale diceva che le aggressio­ni sessuali a bambini erano frequenti e che raramente i bambini le immaginavano. L'altra sosteneva che lo stupro era raro ma che i bambini spesso lo immaginavano.

Il disaccordo teorico fra Ambroise Tardieu, che sostene­va che i traumi sessuali erano fin troppo veri, e Alfred Fournier, che riteneva fossero fantasie, non era importante visto che si credeva che tali esperienze non avessero alcun effetto psicologico. Quando Freud si unì al dibattito, stava chiaramente dalla parte di Tardieu. Con il passare degli anni, tuttavia, egli si avvicinò alla posizione di Fournier, ma con la differenza che credeva che le fantasie stesse avessero conseguenze psicologiche patogene. Questi problemi sono gli elementi di base di un dibattito inespresso e tuttavia fondamentale. Il contributo di Freud aggiunse una dimen­sione critica (l'importanza delle fantasie) che, allora, mise in ombra la questione fondamentale: alla base reale della malattia ci sono le aggressioni sessuali piuttosto che le fantasie? Oppure, in altri termini, le fantasie sessuali patogene sono sempre basate su eventi reali? Il passaggio di Freud a una risposta negativa a entrambe le domande non è spiegabile in termini scientifici. Da un punto di vista storico, fu il materiale da me scoperto a Parigi a preparare la scena al dramma che si sarebbe svolto a Vienna e a rivelare l'interesse di Freud per tali questioni.


Riepilogo

Finora non avevamo a disposizione informazioni che per­mettessero agli storici di fare ipotesi sulle esperienze di Freud a Parigi. Il poco che si conosceva dei suoi contatti personali e scientifici non andava al di là di Charcot e della sua influenza su Freud al riguardo dell'ipnosi e delle idee correnti sull'isteria, idee che Freud era destinato a modifi­care radicalmente. Ma Freud aveva suggerito l'esistenza di qualcos'altro nel momento in cui aveva scritto: «Quando ero a Parigi nel 1885 come allievo di Charcot ciò che mi attrasse maggiormente, a parte le lezioni stesse del grand'uomo, furono le dimostrazioni e le conferenze di Brouardel». Nello stesso anno venne pubblicato un libro poco noto di Antonin Delcasse sulla crudeltà verso i bambini. Nella prefazione, Delcasse dedica il suo libro a Paul Brouardel che, egli spiega, mostrò spesso ai suoi studenti quello che era altrimenti un lato nascosto e poco discusso della medicina: egli eseguiva autopsie sui corpi di bambini che erano morti in seguito a violenze, spesso, ricorda Delcasse al lettore, per mano di un genitore. Di conseguenza, anche se non possiamo provare, nel senso stretto del termine, che anche Freud assistè a tali autopsie, sembra molto probabile che ciò avvenne, poiché non vi è ragione di presumere che Brouardel avesse improvvisamente interrotto queste dimo­strazioni solo pochi mesi dopo che Delcasse aveva scritto il suo libro. La frase che Freud usò molti anni dopo (nel 1913) per descrivere ciò che vide — e cioè cose «di cui la scienza preferiva non prender nota» — ora ha un senso.

Secondo Freud, negli anni trascorsi a Parigi, era matura­to il suo interesse per il trauma come agente causale della malattia mentale, qualcosa che egli aveva appreso da Charcot, anche se per «trauma» Charcot intendeva qualco­sa di meno drammatico di una violenza fisica su un bambino da parte di un genitore. Nei 1914, discutendo la teoria della seduzione (S.E., 14, p. 17, cfr. F.O., 7, p. 390); Freud scrisse: «Influenzato dalla teoria di Charcot sull'origine traumatica dell'isteria, uno era subito pronto ad accettare come vere e etiologicamente significative le dichiarazioni fatte dai pazienti in cui attribuivano i loro sintomi a esperienze sessuali passive nei primi anni dell'infanzia — per dirla francamente, alla seduzione». Considerando le nuove evi­denze qui riportate, sembra più probabile che siano state le esperienze di Freud all'obitorio di Parigi a determinare le sue successive concezioni teoriche sull'origine della nevrosi.

Tuttavia, nel 1896, quando Freud elaborò per la prima volta la sua teoria traumatica delle nevrosi, non accennò agli abusi fisici, ma piuttosto mostrò interesse per quelli sessuali. Ora, sebbene un abuso sessuale sia quasi sempre anche un abuso fisico (lo stupro è sempre violento), un abuso fisico non è sempre sessuale. Vi è quindi qualche ragione per presumere che Freud, all'obitorio di Parigi, fu testimone delle conseguenze dell'abuso sessuale su un bambino? Penso di sì, sebbene anche in questo caso, non sia possibile provarlo, nel senso stretto dei termine. Le mie evidenze sono queste: Ambroise Tardieu, successore di Paul Brouardel alla cattedra di medicina legale della Facoltà di medicina di Parigi, dedicò allo stupro un terzo del suo libro Attentats aux mceurs, e dichiarò che su 616 casi di cui si era occupato personalmente, più della metà, 339 per essere esatti, erano casi di stupro di bambini (essenzial­mente di sesso femminile) al di sotto degli undici anni. Ora, ringraziando Brouardel nella sua prefazione, Delcasse cita anche Tardieu e il fatto che Brouardel stesse seguendo le orme di Tardieu nelle sue indagini sugli abusi nei confronti di bambini. Inoltre, alcuni dei casi riportati da Tardieu (ad esempio i casi 41 e 48) riguardano lo stupro e l'assassinio di bambini in tenera età, in un caso per mano del padre. Sia Brouardel che Tardieu erano interessati agli abusi fisici e sessuali sui bambini. Entrambi scrissero libri sull'argomento. Il libro di Brouardel venne pubblicato postumo, nel 1909, ma rappresenta il suo pensiero proprio nel periodo in cui Freud era a Parigi. Ciò risulta da un autorevole articolo scritto nel 1883 sugli aspetti legali degli abusi sessuali sui bambini. Più esaminiamo i fatti e più diventa probabile che Freud abbia assistito ad almeno una autopsia di un bambino vittima di violenza sessuale. E sicuramente avrà sentito parlare di questo argomento insolito, a cui il suo maestro era tanto interessato, sia durante le dimostrazioni che alle lezioni di Brouardel, a cui Freud dice di aver partecipato.

Ho anche appreso che Freud possedeva sia il libro di Tardieu che quello di Brouardel sugli abusi sessuali, ivi compresi quelli sui bambini. Ho inoltre scoperto nella sua biblioteca che Freud, in libri di autori tedeschi (KrafftEbing, Moli e altri) sulla sessualità, aveva sottolineato i passi in cui erano citati alcuni dei casi di abuso sessuale osservati da Tardieu e Brouardel. Freud studiò con Brouardel, il successore di Tardieu; citava le sue lezioni e dimostrazioni con rispetto e diceva di aver appreso da esse cose «di cui la scienza preferiva non prender nota»; sottolineava i nomi di Tardieu e Brouardel quando li incontrava in libri di autori tedeschi e possedeva i loro libri.

Se sommiamo tutti questi fatti — e cioè che Freud fu impressionato da qualcosa che vide alle dimostrazioni di Brouardel alla Morgue di Parigi; che Brouardel era noto per le sue dimostrazioni su bambini vittime di abusi fisici; che Brouardel era ugualmente interessato agli abusi sessua­li e scriveva su entrambi gli argomenti; che Tardieu, il suo predecessore, era anch'egli interessato a questi due soggetti e aveva scritto in proposito; e che Freud possedeva entram­bi i loro libri su tali argomenti — allora l'ipotesi che Freud fosse a conoscenza di un materiale che più tardi avrebbe avuto un ruolo fondamentale nel suo pensiero teorico, pur essendo a rigor di termini speculativa, è tale ma con un alto grado di probabilità.


Ili

Freud, Fliess ed Emma Eckstein

Continua...


60 Assalto alla verità


Freud, Fliess ed Emma Eckstein 61




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